Sono venuto a gettare fuoco sulla terra XX Domenica del tempo ordinario (anno c) - 14 agosto 2016
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso! Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono angosciato finché non sia compiuto!
Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione. D’ora innanzi, se in una famiglia vi sono cinque persone, saranno divisi tre contro due e due contro tre; si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera».
Lc 12,49-53
Commento a cura di don Walter Onano
Nel brano evangelico della XX domenica del Tempo Ordinario, durante il viaggio verso Gerusalemme, che rappresenta anche un itinerario di formazione al discepolato, Gesù richiama la forza sconvolgente della sua Parola. Inizialmente il Maestro annuncia il tipo di messianismo che intende realizzare: il Messia è portatore di un fuoco che agisce con violenza nella propria vita e in quella degli altri. Poi presenta un’esplicitazione dell’azione messianica: la Parola di Dio provoca conflittualità anche all’interno delle relazioni familiari. Infine, Gesù rimprovera i contemporanei per la loro incapacità a discernere questo tempo e li ammonisce a riconoscere i segni dei tempi per incamminarsi sulle nuove strade aperte dalla Parola del Signore.
È facile incontrare persone che si sono costruite un cristianesimo tutto loro. Hanno, a volte, un senso religioso spiccato, sentimenti bellissimi. Dicono che, se ne hanno voglia, si rivolgono direttamente a Dio, ma che non si parli loro della Chiesa, dei preti, di andare a Messa… “Cristo sì, la Chiesa no”, è il loro motto.
Forse anche la Chiesa può e deve essere più democratica. Ma non può essere qualcosa che gli uomini mettono in piedi di propria iniziativa, per il loro bene.
La Chiesa è istituzione di Cristo. La sua autorità è dono dall’alto. In essa resterà sempre l’autorità e il servizio apostolico, che è servizio “gratuito”, un dare la vita per il gregge, come dice Gesù parlando del buon pastore.
M. Raymond scrive: «Non ammiro Pietro che rinnega, spergiurando il Cristo, né la sua fede vacillante quando cammina sulle acque. Ma il suo rinnegamento e la sua esitazione mi sono d’aiuto nel cammino della santità. Anch’io ho vacillato e sono caduto; con lui posso gridare: “Salvami, o Signore, se non vuoi ch’io mi perda!”. Non posso ammirare Saulo che custodisce le vesti dei lapidatori di Stefano e cavalca da Gerusalemme a Damasco, spirante minacce e stragi contro tutti i cristiani. Sotto questo aspetto, Saulo, persecutore dei discepoli di Gesù è un tipo detestabile. Tuttavia Saulo, divenuto Paolo mi incoraggia. Se lui poté cambiare l’odio in amore, la mia speranza vive ancora. Analoghe riflessioni si possono fare con la maggior parte dei santi. La debolezza dei loro inizi mi dà la forza, la loro santità finale ispirazione. Ringrazio Dio per tutti quelli che non furono che uomini, ma con la loro cooperazione, lo sforzo e il duro lavoro divennero virtuosi e spirituali».
Impegniamoci oggi a costruire la Chiesa. Siamo noi le pietre della costruzione. Sulla linea degli uomini di Dio che sono chiamati a fare il bene in contrasto con le inclinazioni dei malvagi e l’ostilità di quanti si sentono provocati dalla giustizia, anche il cristiano incontra chi cerca di impedirgli di fare il bene, di professare la fede. Ma chi si pone in ascolto della voce del Signore è capace di intendere i palpiti del cuore di Cristo, di seguirne i richiami più esigenti, come fecero gli apostoli prima, i martiri e tutti i santi poi, per essere costruttori di pace, costruttori di un mondo nuovo!
© Copyright Il Portico