Tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze XXVIII DOMENICA DEL T. O. (ANNO A)
Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù, riprese a parlare con parabole ai capi dei sacerdoti e ai farisei e disse:
«Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire.
Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: Dite agli invitati: “Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città.
Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali.
Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”.
Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».
Commento a cura di Christian M. Steiner
Con la parabola della vigna Gesù ha evidenziato che il rivelarsi di Dio nella storia e a Israele ha sapore nuziale. Ora, sempre più vicino alla Pasqua, Gesù esce allo scoperto. «Il regno dei Cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio». La parabola ci conduce dunque nell’intimo della percezione divino-umano di Gesù: lui è sposo, radicalmente, profondamente e quotidianamente. Tutti i quattro vangeli concordano su questo fatto. Leggiamo nei tre vangeli sinottici: «E Gesù disse loro: “Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto mentre lo sposo è con loro? Verranno però i giorni quando lo sposo sarà loro tolto e allora digiuneranno”» (Mt 9, 15, vedi Mc 2, 19, Lc 5, 34-35).
Giovanni invece approfondisce: «Chi possiede la sposa è lo sposo; ma l’amico dello sposo, che è presente e l’ascolta, esulta di gioia alla voce dello sposo. Ora questa mia gioia è compiuta. Egli deve crescere e io invece diminuire» (Gv 3, 29-30.)
Per Gesù tutta la sua vita pubblica è festa di nozze al punto di riuscire a convincere i suoi apostoli a non digiunare più in sua presenza. Per essere riuscito a distogliere i suoi apostoli dall’osservanza rigida del digiuno settimanale, Gesù doveva aver molto insistito nella spiegazione della sua identità nuziale. Allo stesso momento gli stessi apostoli dovevano aver colto sia le guarigioni sia le parole di Gesù in chiave nuziale. Perciò l’evangelista Giovanni conferisce a tutto il suo vangelo un’impostazione nuziale: dalle nozze di Cana, che sono caratterizzate come «principio dei segni» e «rivelazione della sua gloria» fino alla morte in croce e alla risurrezione che si focalizzano sul costato aperto, che richiama dunque l’origine nuziale della prima coppia umana, come leggiamo nel secondo capitolo della Genesi. Ma Gesù in questa parabola va oltre. Qui non è solo lui, il figlio, lo sposo a essere paragonato a una festa di nozze, ma lo stesso Regno dei cieli. Come nelle parabole «economiche» così anche nelle parabole «sociali» non conviene soffermarsi troppo sul senso letterale in quanto alle crudeltà descritte, ma bensì sull’intenzione del narratore.
Che cosa vuole infatti mettere in evidenza Gesù? Che i primi invitati erano indegni, vale a dire i suoi amati capi del popolo, che il secondo invito è universale e gratuito ma che richiede, come per i primi, la consapevolizza della dignità del poter partecipare alla festa nuziale. Ed ecco qui spuntare un tema attualissimo: la veste nuziale mancante. I Padri, e anche la liturgia attuale, considerano il battesimo come veste e dono nuziale. Di fatto lo stesso Vangelo di Matteo culmina nell’annuncio del battesimo da parte del Risorto (Mt 28). Il primo grande e splendido compito che Gesù risorto affida alla Chiesa è infatti immergere le nazioni, ogni persona e la persona intera nel nome, nella vita, nella bellezza e nell’amore onnipresente del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. La condizione battesimale è vera, concreta e onnipresente partecipazione a tutta la vita del Risorto, a tutta la sua vita umana gloriosa e crocifissa e a tutta la sua vita divina che contiene l’universo e promuove la storia umana verso il «banchetto di grasse vivande, un banchetto di vini eccellenti, di cibi succulenti, di vini raffinati» (Is 25). La felicità battesimale allora sta proprio nel dono immenso di poter vivere la nostra vita a partire dalla percezione intelligente e nuziale che ne ha l’infinito Padre, l’amabile Figlio e l’onnipresente Spirito ora e qui. Un fondativo approccio alla vita, forse ancora tutto da scoprire.
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