Sessant’anni fa «ma soeur» concludeva il suo viaggio
Suor Teresa Tambelli moriva il 23 febbraio 1964 a Cagliari
Sessant’anni fa «ma soeur» concludeva il suo viaggio.
Il 23 febbraio 1964 doveva essere una giornata «normale» per le suore dell’Asilo della Marina: di buon mattino Messa comunitaria, prima di dedicarsi alle varie «missioni»: tra i bambini della parrocchia di Sant’Eulalia, visite ai poveri e agli ammalati, catechismo.
Improvvisamente, verso le 9,30 tutto cambia.
Una giornata normale, per la morte di suor Teresa Tambelli, diventa storica, fissata nelle cronache dei giornali locali, finisce nei registri e negli archivi vaticani.
L’evento viene ricordato domenica con una solenne celebrazione alle 11, presieduta dall’arcivescovo, Giuseppe Baturi, nella cappella dell’Immacolata dell’Istituto di via Baylle.
Per quanto riguarda il processo di beatificazione della serva di Dio, si attende l’imminente riunione della «plenaria» dei vescovi e cardinali, che dovrebbe portare – sperano Figlie della Carità e Marianelli – alla firma del Papa il decreto sulla eroicità delle virtù cristianamente vissute da suor Tambelli.
«Solo dopo questo atto – dice padre Giuseppe Guerra che, come postulatore, ha guidato finora l’iter processuale – sarà venerabile. Per la beatificazione è richiesto un miracolo. Bisogna pregare per questo».
La notizia della morte della storica superiora dell’Asilo Marina-Stampace si diffonde velocemente in città.
Verso le 11 del mattino inizia un continuo pellegrinaggio dei beneficati che arrivano dai quartieri dove la missione di suor Teresa è stata più assidua. Insieme al popolo si confondono le autorità.
Tutti pregano di fronte alla bara aperta, sistemata nella cappella dell’Asilo dove è allestita la camera ardente.
Per la gente «è morta una santa».
«Una fiaccola di carità si è spenta. Per i poveri, per Dio e le anime avrebbe posto all’incanto – scrive “Orientamenti”, settimanale della diocesi di Cagliari – quanto le sue mani potevano raggiungere. Era aperta a ogni iniziativa di carità, fosse la più difficile e perciò aveva il coraggio di proporla anche ad altri. Ora dorme il sonno dei giusti, ricordata da chi ancora soffre, ma ha gustato il balsamo della sua carità».
Una morte non annunciata, non preceduta da segnali inequivocabili di una fine imminente.
Solo una sorta di svenimento in cappella dieci giorni prima, accompagnato da un’influenza diagnosticata dal medico che prescrive alcuni giorni di letto.
Sabato 22 febbraio suor Teresa non rinuncia a interessarsi della vita comunitaria e dedicare la solita attenzione agli impegni delle consorelle.
Pur allettata, aiuta una giovane suora, che studia per diplomarsi, nel commento di un canto della «Divina Commedia».
Ma il forte pallore del viso impressiona particolarmente alcune vincenziane.
Domenica 23 suor Tambelli si reca in cappella per la Messa.
Al termine, accompagnata da una consorella, sale due rampe di scale per rientrare in infermeria.
Giunta davanti al suo letto, «ma soeur» si accascia e dopo qualche secondo cessa di vivere.
Lunedì 24 febbraio 1964, il giorno dopo la morte, il popolo di Cagliari trasforma il funerale di suor Tambelli – la bara portata a spalla dai Marianelli, che, ormai uomini maturi e padri di famiglia, dicono: «Era la nostra mamma adottiva. Da ragazzi veniva a svegliarci a casa per la Messa» – in un trionfo.
In migliaia partecipano alle esequie.
Ecco la cronaca riportata da una suora:
«Tutta la città si è riversata in casa. Lunedì mattina abbiamo avuto messe consecutive e alle 10 Messa solenne in parrocchia. Alle 8 monsignor Arcivescovo ha assistito a tutta la Santa Messa di monsignor Lepori e ha recitato forte il Rosario, inginocchiato accanto al feretro. Quando l’ho ringraziato – scrive suor Vincenza Martelli – monsignor Paolo Botto disse: «Non piangiamola, abbiamo un’altra Santa in cielo!».
E monsignor Lepori aggiunse: «Tre sono i nostri Santi: Suor Nicoli, monsignor Piovella e suor Teresa. Io l’ho sempre ritenuta come Santa, fin da giovinetto, un carattere distinto dagli altri due, ma una vera Santa».
Mario Girau
Sessant’anni fa «ma soeur» concludeva il suo viaggio.
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