Scarse competenze fanno crescere la disoccupazione Per l'economista Vittorio Pelligra occorre maggiore impegno nella qualità della formazione
«Occorre un vero e proprio shock, una terapia d’urto per provare ad invertire la tendenza». Vittorio Pelligra, economista dell’Università di Cagliari, indica la strada per uscire dalle secche nelle quali si agita la formazione e la preparazione dei giovani sardi.
I numeri sono impietosi: il 13 per cento degli studenti delle superiori dovrà ripetere l’anno, mentre per alunni della seconda superiore ci sono carenze sia nel campo letterario che matematico.
Secondo i dato Istat i giovani della provincia di Oristano sono ultimi nella preparazione in matematica mentre quelli dell’ex-provincia di Carbonia-Iglesias sono più carenti in competenza alfabetica, in italiano.
«Quei dati – specifica il professore – sono relativi alla seconda superiore ma i problemi iniziano già dalla scuola media. Se il nostro sistema registra buone prestazioni alle scuole elementari, collocandoci al decimo posto a livello mondiale, alle superiori si registra un calo, tanto da arrivare al trentesimo posto nella graduatoria delle competenze tra i paesi OCSE. Il problema in Italia poi è aggravato dalle enormi differenze interregionali. Ci sono regioni, tipicamente quelle del Nord, che accelerano e altre, quelle del Mezzogiorno che frenano».
Il divario che si genera tra i 10 e i 15 anni si riflette poi sul resto del percorso formativo. I numeri forniti dall’Istat, infatti, segnalano che nel 2016 (ultimo dato disponibile) in Sardegna solo il 20.3% dei giovani tra i 30 e i 34 anni era laureato (nel 2012 era 15.5%), contro il 26.2% della media italiana (comunque ultima in Europa dopo la Romania) e il 39.1% della media europea.
«Questo – continua il professore – è tanto più significativo se si pensa che chi ha una laurea ha il 28,6 per cento di probabilità in più di trovare lavoro rispetto a chi ha, al massimo, un titolo di scuola media inferiore. In particolare per meridionali e per la componente femminile. La logica della produzione e accumulazione di capitale umano funziona, come si dice tecnicamente, attraverso delle complementarietà: chi ha imparato ad imparare lo farà sempre più e sempre meglio, rispetto a chi invece parte da una situazione di svantaggio, anche a parità di percorso scolastico».
«Per questo – riprende ancora Pelligra – occorre che, nelle regioni dove si registrano maggiori problemi legati alla preparazione della persone, si rinforzino gli interventi nella produzione di capitale umano».
In Sardegna si è intrapresa la direzione giusta, negli ultimi anni: gli investimenti sono cresciuti e infatti, per esempio, il tasso di abbandono scolastico è passato dal 24 per cento del 2016 al 18 per cento, ma ora bisogna, continuare a puntare sulla quantità, ma incrementare la qualità dell’istruzione dei nostri ragazzi».
La strada dunque è quella di acquisire maggiori competenze per poter accedere con meno difficoltà al mercato del lavoro, ma anche per essere in grado di attivare nuove iniziative imprenditoriali e magari di attirare imprese da fuori, alla ricerca di giovani preparati e di un sistema istituzionale efficiente e moderno. «Occorre però – specifica il professor Pelligra – che venga dato uno scossone, una terapia d’urto. Dobbiamo passare dall’attuale 18 per cento di dispersione scolastica al 10 per cento, nel giro del più breve tempo possibile, così come dal 20,3 per cento di laureati si deve arrivare al 39,1 per cento della media europea. L’intervento non può essere graduale ma massiccio e rapido, altrimenti creeremo solo nuovi giovani emigrati».
«Il nodo cruciale – conclude il docente – resta quello dell’intervento nei primi anni di scuola: agire su quello che è il capitale umano non-cognitivo (come la perseveranza, la capacità di darsi obiettivi), secondo le neuroscienze, significa porre attenzione sul lubrificante del meccanismo di produzione di capitale umano. Chi possiede queste capacità avrà un percorso scolastico nel quale farà meno fatica a portare avanti l’impegno nello studio e nella preparazione, acquisendo maggiormente quelle competenze indispensabili per porsi efficacemente sul mercato del lavoro».
Roberto Comparetti
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