Chi tra voi vuole diventare grande sarà vostro servitore
XXIX Domenica del Tempo Ordinario (Anno B)
Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, si avvicinarono a Gesù Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedèo, dicendogli: «Maestro, vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo».
Egli disse loro: «Che cosa volete che io faccia per voi?». Gli risposero: «Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra».
Gesù disse loro: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?».
Gli risposero: «Lo possiamo».
E Gesù disse loro: «Il calice che io bevo, anche voi lo berrete, e nel battesimo in cui io sono battezzato anche voi sarete battezzati. Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato».
Gli altri dieci, avendo sentito, cominciarono a indignarsi cori Giacomo e Giovanni.
Allora Gesù li chiamò a sé e disse loro: «Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono.
Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. Anche il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».
Commento a cura di Luigi Zuncheddu
Sarà vostro servitore
La narrazione evangelica del cammino verso Gerusalemme non sembra essere la cronaca di un viaggio, piuttosto un insieme di situazioni, insegnamenti e detti di Gesù, volti a modellare l’azione dei discepoli e delle comunità sull’esperienza personale del Maestro.
Dopo aver reso chiaro agli apostoli che la vita eterna non è compatibile, e quindi non si eredita, con l’attaccamento ai beni di questa terra – Vangelo di domenica scorsa – oggi Gesù propone ai Dodici l’interpretazione autentica del governare, dell’essere capo, grande e primo «fra voi».
Dopo aver raccontato della richiesta dei figli di Zebedeo, «concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra», della risposta di Gesù e della conseguente indignazione degli altri dieci, l’evangelista riporta la comunità divisa per la sete di potere e di prestigio all’autentico e originale insegnamento/testimonianza del Maestro.
Le parole «Gesù li chiamò a sé» non sembrano introdurre a una comunicazione del capo, piuttosto sembrano evocare la chiamata iniziale di ciascun apostolo, discepolo, cristiano, che nel battesimo decide di seguire il Cristo povero e servo fino alla croce e alla resurrezione.
La prima comunità dei discepoli aveva ben chiaro che il messianismo di Gesù si identificava sul servo sofferente del profeta Isaia, pur senza trascurare ulteriori profezie e modelli messianici di altri personaggi biblici.
Trattandosi di un gruppo umano, era necessario che qualcuno svolgesse il compito di guida, di governo.
Gesù stesso ne sente la necessità e, dopo la risurrezione, affida a Pietro, e agli apostoli con lui, il compito di pascere il suo gregge e perdonare i peccati.
Se l’evangelista propone l’insegnamento del Maestro sull’esercizio del potere «fra voi», è ben probabile che la comunità e i suoi pastori avessero bisogno di ricordarlo sempre, per non correre il rischio di imitare i «governanti delle nazioni» e i «capi» che, invece di servirle, le opprimono.
La storia – e la storia della Chiesa – ha dato ragione al Cristo anche in questo; ma, se il ricordo del passato fosse stato messo da parte, basti guardare i più recenti assoggettamenti di popoli e nazioni, a volte in nome di un dio sconosciuto all’odierno insegnamento evangelico.
«E disse loro».
La Parola non è l’insieme di discorsi e conferenze, ma esperienza viva di colui che si è fatto uomo – esempio di servizio – per dare senso alla vita umana.
Nell’ultima cena – secondo il Vangelo di Giovanni – lavando i piedi agli apostoli, Gesù fa un chiaro riferimento al «servo» e chiede di essere imitato: «un servo non è più importante del suo padrone», «vi ho dato un esempio perché facciate come io ho fatto a voi» (Gv 13,15-16).
Chi ha il compito di guida della comunità – cioè, il «servo» e lo «schiavo di tutti» – non può accontentarsi di essere tale, il che già sarebbe tanto, ma come il Cristo – servo e schiavo – deve essere pronto a «dare la vita in riscatto per molti».
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