San Francesco di Sales, la Parola come «tweet»

A Cagliari il convegno nazionale dell’Ucsi

Celebrare san Francesco di Sales non può essere un rito, una «pratica», anzi.

Di fronte a figure di questo spessore il nostro desiderio è mantenere intatta, a distanza di secoli, l’energia straordinaria che ne ha caratterizzato la missione.

Camminare a fianco di San Francesco di Sales, oggi, significa sapersi sintonizzare con lui, entrare in empatia con questo Vescovo che si è trovato a lavorare in condizioni di grande difficoltà, che somigliano non poco a quelle che l’informazione si trova ad affrontare oggi.

San Francesco di Sales viveva il disagio di vedere chiese vuote e si poneva con sofferenza il problema di come raggiungere la gente, per essere più efficace nella sua missione specifica, che naturalmente era l’evangelizzazione.

Il contesto era molto complicato.

San Francesco era un Vescovo cattolico francese, con sede a Ginevra, che rappresentava la culla della riforma calvinista, e aveva studiato in Italia, a Padova.

I suoi pregi sono noti e, anche questi, da prendere ad esempio: l’atteggiamento, lo stile, che vengono descritti come pervasi da comprensione e dolcezza, e nello stesso tempo la determinazione, indispensabile per raggiungere il risultato.

La caratteristica che io definirei la ricerca del «pensiero laterale»: quando i metodi classici, tradizionali, non funzionano più, si cerca una soluzione originale.

Così, san Francesco di Sales, forse anche per la sua originalità preso ad esempio da san Giovanni Bosco per la sua Congregazione, i Salesiani appunto, capisce che occorre investire in uno «switch» della comunicazione tradizionale e s’inventa quelli che oggi chiameremmo i tweet o «X»: la parola di Dio liofilizzata in frasi brevi, che «arrivano» subito, portata a domicilio, attraverso quelli che oggi chiameremo i post-it infilati sotto le porte di casa o affissi sui muri.

Ecco la modernità del nostro patrono: la capacità di cambiare registro, creare una frequenza nuova per arrivare al cuore della gente.

La nostra condizione, oggi, è molto simile: abbiamo una grande difficoltà, come giornalisti, ad arrivare al cuore della gente. 

Da due anni l’Ucsi ha avviato questa esperienza delle giornate nazionali dedicate al Patrono: la prima a Roma, alla Lumsa; la seconda a Padova, nel centenario del «battesimo» di san Francesco come patrono dei giornalisti e comunicatori.

Quest’anno a Cagliari, grazie all’impegno dell’Ucsi regionale, con il presidente della Cei Zuppi e il segretario generale Baturi.

Ci siamo presi, con papa Francesco, l’impegno a cambiare, a ritrovare le radici della professione, a proporci anche per rafforzare la rete della comunicazione nella chiesa, in armonia con gli uffici della comunicazione sociale, con la Fisc e con altre realtà importanti, come Weca.

Abbiamo avviato un forum sulle prospettive del giornalismo, con un confronto in presenza nella nostra sede romana, i cui risultati sono stati riassunti nella rivista Desk.

Oggi ci presentiamo prima a Lourdes, all’incontro internazionale dei giornalisti cattolici e subito dopo a Cagliari e poi in tutte le regioni, con un altro strumento molto interessante, il volume «ComunICare», pubblicato con la Libreria editrice vaticana in cui abbiamo raccolto i 10 messaggi del Papa ai giornalisti, commentati da 20 autorevoli firme, per la maggior parte direttori dei maggiori giornali italiani.

Vincenzo Varagona – Presidente nazionale Unione Cattolica della Stampa Italiana

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