Ringraziamo la Provvidenza che ci assiste Da 28 anni don Franco Crabu è in servizio nella missione di Nanyuki in Kenya, dove sono diverse le opere realizzate grazie al contributo di tanti
Don Franco Crabu, 69 anni, missionario Fidei donum dal 1988 opera nella missione diocesana Cristo Re di Nanyuki (Kenya).
Come va avanti il lavoro a Nanyuki?
Procede bene, grazie a Dio siamo sempre assistiti dalla Provvidenza. L’ospedale sta davvero facendo miracoli, è un servizio fenomenale non solo in città ma in tutta la zona. Il campus universitario continua a crescere, grazie all’ottima partecipazione degli alunni. La vita pastorale, poi, dà buoni risultati: abbiamo preparato il programma per l’intero anno della Misericordia, come piccole comunità cristiane in riferimento alle opere di misericordia, specialmente quelle corporali, anche per seguire l’indicazione ferma che papa Francesco sta dando a tutto il mondo.
Come procede lì l’Anno Santo? Qui in Italia è un susseguirsi di celebrazioni, forse da voi la situazione è differente.
Dopo l’apertura della porta dell’Anno Santo si è lasciato poi spazio alle attività e all’inventiva delle parrocchie. Da noi, tutte le settimane, ogni gruppo della parrocchia mette in atto un particolare impegno, l’aiuto che viene dai poveri verso altri come loro. Sta capitando questo miracolo, i poveri si stanno aiutando tra loro ma con lo scopo di valorizzare un anno speciale, che viene come dono del cuore di Dio. Inoltre, a livello di foranie, noi preti ci spostiamo, ogni mese, in una parrocchia diversa, per offrire a chi lo desidera il sacramento della Penitenza.
Come funziona l’ospedale, realizzato di recente?
L’ospedale è nato anni addietro con l’idea di fare qualcosa di concreto per le vittime dell’Aids, perché nessuno si voleva interessare, forse per paura di questo servizio, di persone cacciate di casa dai familiari. Col passar del tempo, però, è diventato un ospedale a tutti gli effetti: stiamo ora realizzando il reparto di Radiologia, mentre la maternità da 80 posti è già stata costruita, grazie al contributo finanziario della diocesi, e ospita anche la Pediatria che già è in funzione. L’ospedale sta rendendo un servizio enorme alla comunità, al posto di alcune cliniche private il cui unico scopo era quello di lucrare eccessivamente sugli utenti. Anche noi chiediamo un piccolo contributo a chi può sostenerlo, ma offriamo un servizio diverso. Tra le attività di quest’Anno Santo possiamo sicuramente indicare quella dell’ospedale che, tra l’altro, si chiama proprio «Huruma», ovvero Misericordia.
A queste attività si legano poi quelle ordinarie per una parrocchia missionaria, come le comunità e i catecumeni.
Certo, quello viene portato avanti come sempre. Ho indicato altre attività come le «punte», che ci guidano e impegnano. Tra i nostri compiti c’è sicuramente quello catechistico, non solo a livello parrocchiale, dato che sono il responsabile in diocesi. Grazie a Dio i catechisti non mancano: insieme all’equipe che mi aiuta ci sforziamo di formarli adeguatamente, perché perdere la caratteristica del catechista «africano» vorrebbe dire mettere in difficoltà e in crisi la comunità cristiana.
La figura del catechista africano ha quindi un ruolo portante all’interno della comunità?
È indispensabile: pur non avendo lo stesso ruolo sacramentale, è paragonabile al nostro diacono permanente e, come figura, è più centrale nell’attività della parrocchia. Io personalmente nutro un profondo rispetto per loro, mi faccio affiancare volentieri da loro. A volte sono loro a «guidare», perché in possesso di un successo indiscusso all’interno della comunità. I catechisti africani sono una vera e propria ricchezza per la Chiesa, che non si può assolutamente perdere. Sono felice che mi sia stato affidato questo incarico, e con umiltà cerco di fare sempre di più.
Francesco Aresu
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