Ricercare il bene comune al di là delle divisioni Un'analisi della situazione politica in continua evoluzione
Da Conte a Cottarelli. Il passaggio tra queste due figure nell’incarico di formare il governo è stato segnato da una complessa crisi istituzionale.
Mattarella, che fin dall’inizio si era speso affinché l’attuale legislatura potesse esprimere un governo politico rispettoso del risultato elettorale, aveva affidato l’incarico di premier a Giuseppe Conte, in linea con l’accordo tra Lega e Movimento 5 Stelle.
Nella Costituzione si legge che «il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i ministri» (art. 92). Su questo punto si è consumata la rottura tra Mattarella, la Lega e i 5 Stelle, nel momento in cui è stato posto il veto sulla nomina di Paolo Savona al ministero dell’Economia.
Il Capo dello Stato ha dichiarato di non aver accettato la proposta di Savona in quanto considerato «sostenitore di una linea, più volte manifestata, che potrebbe provocare, probabilmente, o, addirittura, inevitabilmente, la fuoriuscita dell’Italia dall’euro. Cosa ben diversa da un atteggiamento vigoroso, nell’ambito dell’Unione europea, per cambiarla in meglio dal punto di vista italiano».
La decisione di Mattarella è stata letta da Lega e 5 Stelle come un tradimento della volontà popolare, dato che la presenza di Savona era ritenuta indispensabile per realizzare il «contratto di governo».
Dopo la rinuncia di Conte, il Capo dello Stato ha incaricato Carlo Cottarelli di formare un esecutivo «neutrale» per condurre il Paese alle elezioni.
Al di là della bontà dei nomi proposti per le varie cariche ministeriali, nell’ultimo periodo l’impressione è stata quella che l’enfasi degli annunci mediatici da parte di vari esponenti politici abbia prevalso sulla prudenza e sulla capacità di ascolto reciproco, necessarie per sostenere il dialogo tra le forze parlamentari e il Capo dello Stato, ancora di più in una fase così delicata come quella delle trattative per la formazione di un nuovo esecutivo.
Il grave rischio attuale è che si vada a nuove elezioni unicamente sull’onda dello scontro, in particolare sui punti cruciali dell’Europa e dell’euro.
A chi gioverebbe questo clima di conflitto radicale? Sicuramente alle forze politiche che non hanno gradito le decisioni di Mattarella e sperano, comprensibilmente, di capitalizzare il malcontento alle prossime elezioni.
A garanzia di tutti gli schieramenti dovrebbe prevalere invece il rispetto delle istituzioni, in primis quella del Presidente della Repubblica, e delle regole del processo democratico.
Non andrebbe trascurata inoltre l’ipotesi di una nuova legge elettorale, in grado di garantire meglio la governabilità.
In un momento in cui appaiono molto efficaci le proposte del fronte più scettico sul legame tra l’Italia e l’Europa, non dovrebbe sfuggire la necessità di creare un’alternativa politica a questa linea.
Quanti, a torto o a ragione, criticano il «populismo» di Lega e 5 Stelle dovrebbero cessare le lamentele sterili e impegnarsi per offrire agli elettori una proposta diversa, fondata sulla tradizione popolare ed europeista dell’Italia, capace di farsi carico delle sofferenze e delle fatiche dei cittadini, superando divisioni e personalismi.
Prima di qualsiasi propaganda di parte ci sono gli italiani che chiedono di vedere accolte le loro richieste di sviluppo e giustizia sociale. Solo la ricerca sincera e disinteressata del bene comune potrà essere una risposta valida.
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