Padre Occhetta. Il lavoro non sia parola promessa e tradita Un saggio del gesuita di Civiltà cattolica sui temi della Settimana sociale
Alla prossima Settimana sociale dei cattolici italiani, la numero 48 di una storia ultracentenaria, si sarebbe dovuto parlare esclusivamente di giovani e lavoro. Ragioni di oggettiva opportunità (la disoccupazione colpisce anche gli over 35) hanno consigliato di non circoscrivere il campo della ricerca e della discussione solo ai «millennials». Perciò a Cagliari, dal 26 al 29 ottobre prossimo si parlerà dunque del «lavoro che vogliamo. Libero, creativo, partecipativo e solidale». Anche se, almeno questo è insieme speranza e auspicio, i riflettori saranno puntati specialmente per «immaginare» e «costruire» lavoro soprattutto per i quasi 3.100.000 giovani disoccupati (39%). Una situazione che mette in ginocchio il nostro Paese. Un lavoro che non c’è, dunque. Ma che, comunque, deve essere annunciato, ricercato, creato, inventato, sperato, armonizzato con l’evoluzione tecnologica, senza abbandonare le potenzialità nascoste nel nostro artigianato e nelle culture tradizionali.
Francesco Occhetta, scrittore di «La Civiltà Cattolica», lo inquadra e lo definisce così in un suo volume fresco di stampa: «Il lavoro promesso. Libero, creativo, partecipativo e solidale» (edito da Ancora-La Civiltà Cattolica, € 15 per 144 pagine). L’autore parte dalla situazione attuale, fa parlare i numeri e fatti che sostanzialmente dicono: «Il lavoro è una parola promessa. A volte tradita: spesso mal vissuta». Naturale conseguenza di un’economia che «dall’inizio della crisi, il Pil reale pro-capite è calato di circa il 10 % e oggi – dice l’Ocse – è allo stesso livello del 1997. La povertà assoluta è quasi raddoppiata rispetto ai livelli registrati prima della crisi e ha colpito in maniera particolare giovani e bambini».
Ma il Paese non si arrende a rimanere senza lavoro. Gli italiani provano a ripartire. Sempre. «Quando hanno un lavoro e una famiglia – scrive il gesuita, componente del Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane sociali nonché consulente ecclesiastico dell’Ucsi – sanno comunque che bisogna essere in ricerca di altro, perché il desiderio di una vita realizzata spinge ad alzarsi la mattina e andare avanti». Con una novità rivoluzionaria rispetto a quel che succedeva fino a 20-30 anni fa: il lavoro si è modificato. Occhetta passa in rassegna alcuni cambiamenti intervenuti nel sistema-lavoro in generale. Ma cerca anche di individuare prospettive aperte da alcuni comparti, a lungo snobbati, che possono diventare preziose riserve occupazionali: il terzo settore, per esempio, e quello del lavoro domestico, analizzati, studiati rigorosamente dall’autore, affidandosi anche ad esperti autorevoli. «Il lavoro promesso» è una sorta di documento tecnico. La parte politico-programmatica è invece contenuta nelle «Linee di preparazione» e nella «Lettera-invito» del presidente monsignor Filippo Santoro a tutti vescovi italiani, una missiva che i cattolici, impegnati nel sociale, dovrebbero conoscere, e in modo particolare dovrebbe essere nota ai 1300 delegati partecipanti ai lavori cagliaritani. Il libro di Occhetta, con il capitolo più lungo dedicato significativamente a «Giovani e lavoro», ci aiuta a capire e riflettere su quella che appare come una nuova rivoluzione «copernicana» più che industriale.
La «questione lavoro» è esposta con competenza ma anche semplicità in tutti i suoi aspetti: i nuovi scenari del lavoro 4.0, i «crowd-working», le nuove tecnologie, le ricadute antropologiche della robotica, il risanamento ambientale nella zona industriale di Taranto, paradigma della necessità di conciliare salute e lavoro. Rivoluzioni, per altro, non universalmente valide, che interpellano i sindacati, quelli veri, non barricadieri, ma aperti alla contrattazione specifica per ogni posto di lavoro e per ogni territorio.
«La sfida del lavoro di domani – scrive Lorenzo Becchetti nella postfazione – con le macchine intelligenti e il lavoro a basso costo non sarà affatto semplice. Per vincerla ci vorrà tutta la passione e la creatività per alimentare fatica e vocazione al lavoro. Ci vorranno politiche nuove, inclusive e generative a livello locale, nazionale ed europeo».
Mario Girau
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