Una nuova cultura del lavoro? Ripartiamo dai valori etici e dalla democrazia economica I nuovi scenari in cui i cattolici sono chiamati a confrontarsi
Pensare di fornire una linea guida circa le prospettive che attendono i cristiani impegnati nel sociale è questione molto difficile e complessa. Si può dare qualche chiave di lettura che parte dalla considerazione che il campo dell’economia non può e non deve essere lasciato ai tecnici. Dietro le tecnicalità sono sempre presenti interessi e gruppi di interesse il cui principale obiettivo è quello di garantire in primo luogo se stessi. La crisi attuale viene da lontano e ha precise responsabilità a partire, dal sistema finanziario e bancario, in particolare.
Per quanto l’economia possa considerarsi come uno dei luoghi etici, politici e culturali strategici per ascoltare e interpellare la società contemporanea, si avverte un certo disagio di fronte ai modelli e alle strategie di modernizzazione anche per quanto diffondono in termini di cultura, valori e stereotipi. Questo disagio si avverte anche nell’analisi dei costi umani pagati ai processi di trasformazione industriale e nella constatazione delle insufficienze dei sistemi.
Siamo di fronte a profonde trasformazioni degli stili di vita e, quindi, delle stesse scale di valori dove il fattore strategico diverrà la cultura, la conoscenza, la società dell’informazione: come nuovo rapporto dell’uomo con la natura e con l’ambiente, come produzione di conoscenze mediante la ricerca, come messa in opera di tecnologie sempre più sofisticate e pervasive, come informazione diretta all’accumulazione e al controllo del sapere.
In questo contesto non si riscontrano capacità di riformulare prospettive adeguate per governare il nuovo. Una guida utile, una sorta di manuale per una presenza dei cattolici nella società e nelle questioni economiche è fornito dalla Dottrina sociale della Chiesa, che ci invita a contribuire a ritrovare radici profonde, a valorizzare ogni risorsa umana e, soprattutto, dare senso all’attesa di futuro delle giovani generazioni, a costruire, a partire dal territorio e nell’ottica della sussidiarietà, una società accogliente e non emarginante, a praticare l’esercizio del dono e della gratuità, a costruire una società fraterna rielaborando un nuovo umanesimo, sostenendo la solidarietà tra gli uomini.
Queste ed altre ancora sono le vie che contribuiscono a determinare il grado di civiltà di un popolo e che ci possono consentire di costruire la città nella carità e nella verità. Avvertiamo il disagio, certamente derivante anche dal nostro stare alla finestra, dal nostro mancato coinvolgimento nei processi che potrebbero portare a migliorare il rapporto con la sempre maggiore emarginazione di larghe fasce sociali. Per questo potrebbe essere ripreso lo sforzo di elaborazione e di approfondimento culturale. è forte la consapevolezza di rispondere oggi a un bisogno diffuso di fornire una traccia per una ricerca preoccupata di inventare nel coraggio e nella creatività, nella carità e nella verità una risposta degna alle sfide dell’innovazione. Uno sforzo che deve stimolare ad osare nuovi esperimenti di democrazia economica.
Alcune linee risultano già profilarsi e il nodo che tutte le intreccia è la messa a fuoco della dimensione etica da attribuire alle ragioni della teoria economica e della sua pratica del mercato e dell’innovazione, del rapporto efficienza solidarietà, della cooperazione e della competizione in vista di una finalità complessiva che potrebbe venire identificata nell’esigenza di espandere con la democrazia economica la democrazia politica.
Tutto ciò non può spaventare se si ha un progetto per governare i processi. Spaventa se questa progettualità è assente o di parte come è accaduto finora. La sorte di tanti non può essere circoscritta a dispute riguardanti l’incremento o il decremento di mezzo punto percentuale del Pil. Il futuro è aperto e governabile e chiama i cattolici a impegni più coinvolgenti, di maggiore responsabilità, di sacrificio.
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