Non sono un pericolo ma sono in pericolo
Su indicazione dei vescovi italiani la festa del Corpus Domini appena celebrata ha avuto come tema particolare il fenomeno dei migranti. Complici le notizie di cronaca che segnalano continue stragi nel Mediterraneo, diventato oramai un grande cimitero, le comunità ecclesiali hanno posto l’attenzione sul versetto del vangelo di Matteo «Ero straniero e mi avete accolto».
Lo stesso monsignor Miglio ha ricordato come «aver dato alla processione una meta significativa ci ha aiutato a viverla come un vero pellegrinaggio. Per Cagliari – ha affermato – quest’anno la meta da raggiungere con l’Eucaristia è stata il mare, da cui provengono i pellegrini forzati che fuggono dalla violenza e dalla povertà, quelli che riescono a farcela, mentre molti altri restano per sempre in fondo a quel mare. Li abbiamo voluti ricordare tutti».
Parole che riprendono quelle pronunciate da papa Francesco all’udienza generale del 24 maggio scorso. «Le vedove, insieme agli orfani e agli stranieri, erano le categorie più deboli della società. I diritti assicurati loro dalla legge potevano essere calpestati con facilità perché, essendo persone sole e senza difese, difficilmente potevano farsi valere».
Un discorso di un’attualità terribile che ogni giorno ci si presenta davanti agli occhi, anche qui in Sardegna. Giovedì scorso al porto canale di Cagliari sono sbarcate quasi 400 persone, salvate nel Mediterraneo dopo l’ennesimo viaggio della speranza. Tra loro anche il piccolo Alex, nato sulla nave che ha salvato tutte quelle persone. Una normale operazione di salvataggio, per molti, per altri un motivo in più per gettare benzina sul fuoco dell’irragionevolezza, per altri ancora un semplice fatto di cronaca.
Le semplificazioni giornalistiche non rendono a pieno la portata dei problemi, così come l’uso di stereotipi, di slogan e di altre amenità varie utilizzate per giustificare l’ingiustificabile.
Il fenomeno migratorio è inarrestabile, pur con tutti gli interventi possibili, alcuni davvero discutibili, come quello di riportare in Turchia chi è giunto in Europa. In Italia almeno 25mila persone sono state accolte in strutture legate alla Chiesa, come a Ventimiglia dove, nei giorni scorsi, la parrocchia si è fatta carico dei migranti sgomberati da un’ordinanza del sindaco (chi sparla di business dell’accoglienza non mai mosso un dito in questo senso).
I racconti delle principali agenzie informative si limitano alla cronaca, senza però scavare nelle motivazioni che spingono gli abitanti delle zone sub-sahariane a lasciare tutto per fuggire verso l’Europa. E invece bisognerebbe ricordare che, se chi possiede materie prime come uranio e petrolio è di fatto espropriato di quei beni dalle multinazionali occidentali non può accontentarsi delle briciole.
L’istinto di sopravvivenza porta queste persone a lasciare casa, affetti e quel poco che possiede, per cercare altrove una nuova opportunità. Nessuno ha mai raccontato questo lato della vicenda, soffermandosi invece solo sulla cronaca degli sbarchi. I dati raccontano, tra l’altro, che nel mondo su 65 milioni di persone interessate ai flussi migratori appena un milione ha fatto tappa in Europa.
Si tratta di due banali esempi di come spesso si è capaci nei racconti di alterare la realtà dei fatti, con visioni decisamente parziali.
Il giusto approccio all’accoglienza dei migranti non è solo prerogativa di papa Francesco, che ha ribadito sabato scorso come «i migranti non sono un pericolo ma sono in pericolo».
Anche Benedetto XVI in più occasioni si è espresso a favore di una maggiore solidarietà verso chi fugge dalla propria terra. «Anche i genitori di Gesù – aveva detto all’Angelus del 16 gennaio 2011 – dovettero fuggire dalla propria terra e rifugiarsi in Egitto, per salvare la vita del loro bambino: il Messia, il Figlio di Dio è stato un rifugiato».
Accogliere l’altro non è solo compito della Chiesa ma dovrebbe essere prassi che va al di là del credo di ciascun uomo o donna di buona volontà, anche di chi vuol raccontare le vicende del mondo.
Pochi, secondo Giulio Albanese, religioso comboniano intervenuto a Cagliari ad una conferenza, quelli che seguono questo filone, eccetto la stampa cattolica, con in testa i periodici diocesani.
Roberto Comparetti
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