Nessuno mette mano all’aratro si volge indietro

XIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C)

Dal Vangelo secondo Luca

Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, Gesù prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme e mandò messaggeri davanti a sé.

Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per preparargli l’ingresso.

Ma essi non vollero riceverlo, perché era chiaramente in cammino verso Gerusalemme.

Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: «Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?».

Si voltò e li rimproverò.

E si misero in cammino verso un altro villaggio.

Mentre camminavano per la strada, un tale gli disse: «Ti seguirò dovunque tu vada».

E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo».

A un altro disse: «Seguimi».

E costui rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre».

Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio».

Un altro disse: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia».

Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio».

(Lc 9, 51-62)

Da questo numero sarà suor Rita Lai, docente alla Facoltà teologica, a commentare il Vangelo. 

Il grazie a padre Gabriele Semino per il servizio reso in queste settimane.

Commento a cura di Rita Lai

Dopo il lungo tempo pasquale coronato dalle feste che lo seguono, quasi a prolungarne i benefici effetti, riprende oggi il Tempo Ordinario con la XIII Domenica dell’Anno C.

La pericope odierna, tratta dal vangelo lucano, inquadra tutto il discorso in una svolta fondamentale della vita di Gesù e della sua comunità: la ferma decisione di orientare il cammino verso Gerusalemme, ossia verso il compimento e la pienezza della parabola umana di Gesù.

La fermezza è espressa nell’indurimento del volto, col verbo greco «stereoō», indurisco, che esprime insieme la volontà ferma di prendere una direzione e anche la solida intenzione di portarla avanti, Gerusalemme è la meta, e il cammino non sarà facile, soprattutto per i discepoli al seguito di Gesù, che devono scoprire cosa significa seguirlo in mezzo alle ostilità, come ben presto mostra la reazione dei Samaritani. 

Nessuno mette mano all’aratro.

Come muoversi?

Anche la comunità odierna, ciascuno di noi, ha bisogno di dritte.

I «loghia» o detti che seguono, individuano subito le vie maestre della sequela: quattro quadretti caratterizzano il nostro racconto. 

Il primo riguarda i due discepoli Giacomo e Giovanni, che fanno onore al loro nome di figli del tuono: come trattare chi ci è ostile, chi non è con noi?

Gesù tronca sul nascere ogni reazione negativa ed eccessiva.

E il cammino riprende, dopo la prima lezione di vita.

Seguono poi tre quesiti che riguardano non solo i Dodici ma tutti i discepoli, quelli della strada, sulla quale Luca insiste.

Il primo dei tre che gli rivolgono parola gli manifesta una disponibilità aperta e senza condizioni.

La risposta onesta di Gesù sembra volergli dire cosa è la sequela, e questo sarà il tema centrale dei restanti versetti.

Nessuno mette mano all’aratro.

Il «tale» si accinge a seguire un Maestro che non gli offre sicurezze, che non ha neppure dove posare il capo.

La provvisorietà del discepolo, oltre che del Maestro.

Il secondo vuole seguirlo ma c’è un prima che deve essere soddisfatto. 

Una sequela che temporeggia, seppure per una realtà giusta come seppellire i morti: l’annuncio del Regno richiede una immediatezza che non ammette proroghe.

E infine c’è chi vuole voltarsi indietro per congedarsi dai suoi: ma la sequela di Cristo non ha bisogno di voltarsi indietro, perché chiede tutto e non ammette il più piccolo ritardo.

I discepoli della strada sono affascinati dal messaggio nuovo di Gesù, dalla sua persona, vogliono seguirlo, ma vogliono anche dare la precedenza alla loro vita ordinaria.

C’è un prima che va rispettato secondo loro. Gesù appella ad una radicalità severa, la chiamata del Regno è grande e la posta in gioco ancora di più.

La disponibilità del discepolo fa i conti con una strada difficile, in cui il Maestro è sempre avanti e la sua decisione sempre ferma.

Sarà la sua solidità a sostenere i discepoli, di sempre.

Noi spesso ci illudiamo di essere discepoli per la bontà e l’efficacia dei nostri sforzi.

Non è la nostra forza a farci procedere ma la costanza amorosa di chi con la sua solidità sostiene la nostra debolezza lungo la strada.

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