Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò VI Domenica del Tempo Ordinario (Anno B)
Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, venne da Gesù un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!». Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!».
E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato. E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito e gli disse: «Guarda di non dire niente a nessuno; va’, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro». Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte.
Commento a cura di Franco Puddu
Una immagine viene a mente, leggendo il Vangelo, il tendere la mano di Gesù verso il lebbroso, allo stesso modo aveva fatto con la suocera di Pietro. Entrambe richiamano la mano tesa di Dio verso Adamo nella creazione per trasmettergli la vita, al centro del giudizio universale di Michelangelo nella Cappella Sistina a Roma.
«Tendere la mano» è il leitmotiv dell’ascolto di questa pagina, mediandolo dal gesto di Gesù verso il lebbroso e verso i «molti malati e molti indemoniati», che troviamo nel racconto della sua giornata a Cafarnao. La vicinanza di Gesù verso il male dell’uomo non è ideologica, di intenzione o di parola, ma di contatto diretto, quel contatto che esprime il suo farsi carico delle nostre sofferenze contraendo le conseguenze del male disgregatore delle forze vive dell’uomo e guarendoci nella radice del nostro essere.
In una delle sue lezioni papa Francesco ha detto espressamente di non avere timore di compromettersi nel «toccare» o abbracciare fisicamente il povero e l’indigente, al modo in cui anche san Francesco ha fatto con il lebbroso. Siamo invitati a convertirci dall’atteggiamento di «degnazione», che dice distanza nel fare la carità, a quello di vicinanza verificabile con il contatto, con il fermarsi, ascoltare, stare vicino, operare…
Cogliamo la progressione dei verbi che raccontano di Gesù che «ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse…» e il realizzarsi della sua parola come forza di vita.
Per un attimo proviamo a ricostruire la drammatizzazione dell’evento applicandolo ai nostri gesti di carità: ci sono davvero tutti i verbi?
La «compassione» di Gesù verso il lebbroso ha diverse valenze. È innanzitutto una espressione della sua profonda sensibilità, è segno della compassione di Dio verso l’umanità lacerata della conseguenza del peccato, Gesù vi scorge anche il suo futuro di «uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia», come un lebbroso appunto, «percosso da Dio e umiliato» (Is 53,3-4). La guarigione esprime l’efficacia pasquale dell’azione di Gesù che anticipa il senso della sua esaltazione fino alla destra del Padre… ma a quali costi: la sua «umiliazione fino alla morte in croce».
Oggi la scienza e la medicina sono in grado di distinguere le malattie infettive per contatto e indicare le adeguate precauzioni, ma nell’antichità e al tempo di Gesù non era così.
Per rendersene conto si leggano i capitoli 13 e 14 del Levitico. Il lebbroso era un impuro, colpito da Dio, e causa di impurità per sé e per il popolo, era un intoccabile e doveva vivere ai margini dei paesi, relegato nelle periferie inavvicinabili. In tale cultura il racconto evangelico acquista un significato preciso: Gesù tocca un intoccabile, anche sfidando la legge, il Regno di Dio non tiene conto delle barriere del puro e dell’impuro.
Beh! Nella nostra cultura imperante del disinteresse verso l’altro, il farsi carico «toccando con mano» dovrebbe essere il principio ispiratore di fondo per una cambio di atteggiamento, per una politica più attenta alle cause e alle conseguenze delle discriminazioni e delle marginalizzazioni, per una carità davvero gratuita senza guadagni di ritorno.
Tale senso di totale gratuità ispira Gesù quando invita il lebbroso a non amplificare il clamore dell’evento, ma a riconquistare in pienezza la sua cittadinanza civile presentandosi ai sacerdoti per avere il nulla osta di permanenza di diritto nel suo paese. Allusione?
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