Minori migranti: non lasciamoli soli Una nuova legge propone la figura del tutore volontario
Sono quasi 15.000 i minori non accompagnati sbarcati sulle coste italiane dal gennaio 2017 al 25 ottobre scorso.
Numeri importanti che mostrano come il fenomeno sia ancora preoccupante, anche se rispetto al 2016 c’è stato un visto calo (a dicembre dello scorso anno erano circa 26.000).
Secondo Stephane Jaquemet, delegato dell’Alto Commissariato Onu per i rifugiati per il Sud Europa, nel mondo sono circa 65 milioni le persone costrette a lasciare la propria casa e circa la metà degli sfollati e richiedenti asilo nel mondo sono minori.
Nell’aprile di quest’anno è stata approvata la legge 47/2017, la «Legge Zampa», dal nome della promotrice Sandra Zampa che guida la Commissione parlamentare infanzia e adolescenza, con la quale si stabiliscono le regole sull’accoglienza e sulla protezione dei minori stranieri non accompagnati.
Entro dicembre-gennaio dovrebbero uscire i decreti attuativi. Nel frattempo però sono state rese note alcune indicazioni, specie sulla figura dei tutori volontari, persone che, volontariamente, si fanno carico di sovraintendere alla vita dei minori non accompagnati.
Il supporto a queste persone, che hanno risposto con entusiasmo all’invito delle istituzioni, 2.600 secondo i dati forniti dall’Autorità garante per l’Infanzia e l’adolescenza e l’accompagnamento delle famiglie affidatarie, è il primo punto sul quale occorrerà muoversi per garantire l’efficacia e l’omogeneità nell’applicazione della legge.
Come spiega alla collega Maria Luisa Secchi, Angela Quaquero, delegata dal presidente Pigliaru per le tematiche relative all’accoglienza dei migranti, anche in Sardegna, in questa fase, è più che mai importante dare tutto il supporto possibile.
Papa Francesco, lo scorso 15 gennaio nel messaggio in occasione della Giornata mondiale del migrante e del rifugiato affermava tra l’altro: «Tra i migranti i fanciulli costituiscono il gruppo più vulnerabile perché, mentre si affacciano alla vita, sono invisibili e senza voce: la precarietà li priva di documenti, nascondendoli agli occhi del mondo; l’assenza di adulti che li accompagnano impedisce che la loro voce si alzi e si faccia sentire. In tal modo, i minori migranti finiscono facilmente nei livelli più bassi del degrado umano, dove illegalità e violenza bruciano in una fiammata il futuro di troppi innocenti, mentre la rete dell’abuso dei minori è dura da spezzare».
Se in alcune zone del mondo ci sono genitori disposti a lasciar partire il proprio figlio o la propria figlia è evidente che la disperazione è grande, sapendo che il viaggio sarà tutt’altro che facile, con il rischio molto alto di non vederli tornare indietro, specie se si tratta di ragazzine. Le ultime notizie che giungono dai centri di accoglienza in Libia non sono molto confortanti, così come il lavoro che la Guardia costiera libica sta portando avanti davanti alle sue coste non sembra essere del tutto trasparente: decine le vittime nelle ultime settimane.
Una modalità per accogliere regolarmente chi fugge dalle guerre viene sperimentata da tempo con la collaborazione ecumenica tra cattolici e protestanti: comunità di Sant’Egidio, federazione delle Chiese evangeliche, Chiese valdesi e metodiste, hanno scelto di unire le loro forze per un progetto di alto profilo umanitario, i cosiddetti corridoi umanitari. Tra i principali obiettivi dell’iniziativa quello di evitare i viaggi con i barconi nel Mediterraneo, che hanno già provocato un numero altissimo di morti, tra cui molti bambini, impedendo lo sfruttamento dei trafficanti di uomini, che fanno affari con chi fugge dalle guerre e concedendo a persone in «condizioni di vulnerabilità» un ingresso legale sul territorio italiano con visto umanitario, con la possibilità di presentare successivamente domanda di asilo. Si tratta di un modo sicuro per tutti, perché il rilascio dei visti umanitari prevede i necessari controlli da parte delle autorità italiane.
Accogliere dunque è possibile, attraverso regole certe, mostrando così la solidarietà che dovrebbe contraddistinguerci.
Roberto Comparetti
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