Mentre li benediceva veniva portato verso il cielo Ascensione del Signore (Anno C)
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme.
Di questo voi siete testimoni. Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto».
Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia
e stavano sempre nel tempio lodando Dio.
Da questo numero sarà suor Rita Lai, docente alla Facoltà Teologica a commentare il Vangelo. Il grazie a Fabrizio Demelas per il servizio reso nelle ultime settimane.
Commento a cura di Rita Lai
Il significato della festa dell’Ascensione è raccolto tutto nella parola ascensione che spiega il rientro del Signore nel luogo da cui era venuto, portandosi dietro e dentro non solo la sua ma anche la nostra umanità.
Questa festa, forse scontata e misteriosa insieme, non è facile da commentare nelle letture che oggi la liturgia ci propone.
In particolare il Vangelo ascoltato suggerisce alcune suggestioni, alcune linee guida, parole chiave che sembrano monopolizzare la nostra attenzione e che offrono spunti di riflessione.
La prima suggestione si può riassumere così: un’assenza che non è assenza, un annuncio da fare. Il mistero pasquale appena vissuto viene ricordato dal Risorto ai suoi, i discepoli devono vivere fino in fondo la forza e l’evento dell’annuncio. Cioè, in forza dell’esperienza del Maestro e della loro stessa partecipazione al mistero, devono essere capaci di annunciare ciò che hanno visto e udito e potranno farlo solo con la forza dello Spirito Santo, il cui arrivo Gesù lancia loro come una promessa.
L’urgenza di un annuncio da fare traspare tutto proprio dalla forza di queste parole di Gesù. Tale energia coglie impreparati i discepoli: essi stanno a guardare il cielo, sentono tutta la forza di una mancanza, non sono capaci di misurare con verità quello che hanno vissuto.
La promessa che viene loro fatta riempirà una assenza. Gesù sta per “partire”. Lo Spirito sarà la loro forza, la loro risorsa segreta ma intellegibile e sarà come una energia che li spingerà ad annunciare.
Seconda suggestione: la testimonianza. Già accennata da ciò che abbiamo detto finora, essa è il compito del discepolo: non solo sentire una presenza, ma anche testimoniare un incontro vissuto in prima persona e che continua oggi nella vita comunitaria, liturgica, sacramentale, nel sacramento dell’amore, in ogni segno di un passaggio, quello di Cristo nella sua umanità, che ha lasciato tracce e storia.
Come le piaghe di Cristo per Tommaso, come le parole di Gesù per Pietro, come l’amore personale di Gesù per Giovanni, per Maria di Magdala, ognuno di noi si porta dentro i segni del passaggio di Gesù nella propria vita, nella propria storia e nel proprio cuore. Basta solo scoprirli, lasciarli parlare, lasciarli esprimere e portare frutto.
Terza suggestione: la speranza. Gesù tornerà. Il viaggio non è finito, l’avventura non è terminata. La nostra umanità è stata rivestita per sempre dal Figlio di Dio e assunta con lui in cielo nel momento dell’Ascensione
Le distanze sono state accorciate, la casa di Dio non è più chiusa (posto che sia stata mai chiusa) per noi, in Cristo le porte sono aperte, e noi possiamo entrare.
Dice il primo Prefazio dell’Ascensione: «Il Signore Gesù, re della gloria…oggi è salito al cielo…Mediatore tra Dio e gli uomini…non si è separato dalla nostra condizione umana, ma ci ha preceduti nella dimora eterna, per darci la serena fiducia che dove è lui, capo e primogenito, saremo anche noi, sue membra, uniti nella stessa gloria».
Quarta suggestione: l’attesa. Nutrita da una testimonianza, da una presenza attiva, quella dello Spirito, l’attesa diviene dolce e ricca, con lo sguardo non più verso l’alto, in un inutile tentativo di riportare indietro il tempo, ma verso l’orizzonte, in avanti, nella prospettiva della pienezza e dell’incontro con Colui che ci precede sempre. Il Vangelo racchiude tutte queste linee che abbiamo visto in un’unica parola: lo Spirito verrà.
E allora l’attesa si colora di nuova forza: sappiamo che quella promessa non sarà vana.
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