Lodare Dio «in limba»? Primo esperimento in Cattedrale Monsignor Angelo Becciu ha presieduto la Messa in «Sa die de sa Sardigna»
C’era da cantare veramente unu «Cantidu nou a su Segnori» sabato scorso, nella cattedrale di Cagliari, che «at fatu ispantu e ispantus», ha fatto meraviglie. È stato veramente «unu spantu mannu» sentire proclamare – sotto l’affresco di Filippo Figari con l’allegoria della «Fede dei Sardi» nella volta della navata centrale – «Sa missa cantada». Quasi un miracolo, considerate le difficoltà, la prudenza, le ricerche, gli studi per tradurre in limba la messa ufficiale in italiano e in latino.
«La nostra terra ha diritto a «tempus benedidores», a un futuro più sereno e tranquillo. Più che una speranza è una preghiera quella che monsignor Angelo Becciu, Sostituto della Segreteria di Stato, numero tre della gerarchia vaticana, eleva all’inizio dell’omelia in lingua sarda proclamata sabato scorso davanti alle massime autorità istituzionali dell’isola e a numerosi fedeli per «Sa Die de Sa Sardigna».
L’isola e i problemi della sua gente, povertà, disoccupazione, spopolamento, fuga dei giovani, non sono rimasti fuori della porta nella messa di sa Die. «Sa missa cantada in su de setanta annos de s’Istatutu Sardu» è stata veramente una messa del popolo e ha presentato, come «Offertorio», vivo e santo, le speranze, le attese, i bisogni della «Chiesa di Dio che si trova in Sardegna». Non solo nella lingua campidanese per proclamare al Vangelo il «Discorso delle Beatitudini»: «Pretziaus (beati) is poburus in su spiridu, is affrigius (gli afflitti), is masedus (i miti); pretziaus is chi patint famini e sidi, is de coru sintzillu (i puri di cuore), is chi traballant po sa paxi (operatori di pace)». Per tutti questi beati il destino è sicuro, parola del Vangelo: «Bosatrus seis su sali de sa terra e sa luxi de su mundu» (Voi siete sale della terra e luce del mondo).
Il popolo sardo è stato presente alla prima messa per buon parte in limba, grazie in particolare al prezioso lavoro di don Antonio Pinna. Solo la preghiera eucaristica in italiano, tutto il resto il lingua sarda doc, con Eva Loy Fernandez (8 anni) che ha pregato «Po is babbus e mammas de tottu su mundu» perché possano accompagnare i figli «a manu tenta in su caminu de s’amori». Con Pablo Loy Fernandez (12 anni) che ha pregato per i ragazzi e i giovani, «Sfruttuasu de un poderi economicu immorali, confundiusu de is sirenas de su web (presi in giro da una pubblicità che “si è venduta l’anima”)». Con Mariella Careddu, Aureliana Curcio e Anna Cristina Serra che hanno pregato in gallurese, tabarchino e catalano, con occhio e cuore attenti alle peculiarità della Sardegna: «Is traballadoris (i lavoratori) chi hanti perdiu su postu de traballu a Ottana et non solu» , per «is biddas» (i paesi) della Sardegna che si stanno spopolando e cominciano a scomparire.
Una messa del popolo sardo. Da Pattada ha partecipato – attraverso la TV di stato, coinvolta nell’evento da Franco Siddi consigliere di amministrazione RAI – anche lo scrittore Angelo Carboni, malato di Sla, che col comunicatore oculare ha tradotto in logudorese l’omelia letta in limba da monsignor Angelo Becciu durante la messa concelebrata dall’arcivescovo di Cagliari, Arrigo Miglio, dal vescovo di Ozieri, Corrado Melis, e dal vescovo emerito di Lanusei, Antioco Piseddu.
Due i significati della celebrazione. «Anche nella lingua sarda è possibile ed è bello lodare Dio», ha detto il Sostituto della Segreteria di Stato nel saluto introduttivo. Inoltre, la messa, che presenta a Dio in ogni celebrazione «i frutti della terra e del lavoro dell’uomo», offre da oggi l’opportunità di poter sottolineare e porre all’attenzione comune anche in limba le problematiche socio-economiche e le attese della Sardegna, che da tanto tempo chiedono di essere prese in considerazione. «Mi auguro – ha detto l’arcivescovo Arrigo Miglio – che anche questa celebrazione e il cammino che si sta cercando di compiere, aiuti il popolo sardo ad avere coraggio, ad essere più unito, ad esigere tutti i suoi diritti ma anche ad offrire tutte le ricchezze di cui è portatore. L’Italia ha ancora molto da scoprire della Sardegna e del popolo sardo, al di là dei cliché più diffusi».
Al termine della Messa, dopo l’universale «Deus te salvet Maria”», i fedeli sardi veramente con convinzione hanno potuto dire «Est mannu su Segnori miu: de coru dd’ollu cantai».
Mario Girau
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