L’incognita è il rischio astensione Pericoli all’ambiente e all’economia del turismo sono le principali motivazioni di chi sostiene il fronte del sì al referendum
Popolo sardo in prima linea per il referendum di domenica 17 aprile. Risale allo scorso mese di settembre la presentazione da parte di cinque Consigli regionali, di sei quesiti referendari in Cassazione.
La Sardegna sin da subito si è fatta portavoce di un malumore condiviso con altre quattro regioni, riguardante le concessioni date dallo Stato a società terze per la ricerca e l’estrazione, nei nostri mari, di combustibili fossili. Malcontento manifestato con la raccolta di 8.000 firme da parte di «Mare Vivo Sardegna», consegnate al presidente del Consiglio regionale Gianfranco Ganau, portando la discussione in aula consiliare, dove si è deciso di appoggiare le altre quattro regioni affinché fosse raggiunto il limite minimo per la richiesta di referendum.
Ha spiegato Ganau: «Abbiamo deciso di sostenere anche questa battaglia perché anche sul Piano delle Aree e sulle proroghe dei titoli concessori siamo convinti che il Governo abbia legiferato su materie di competenza delle regioni».
Unico voto contrario quello dell’esponente Pd Gavino Manca il quale, chiarendo la sua posizione, ha affermato: «Ritengo che il governo nazionale abbia ampiamente dimostrato nei fatti attenzione e rispetto per la Sardegna e le sue prerogative autonomistiche».
Alla fine saranno nove le regioni che risulteranno promotrici e uno soltanto il quesito rimasto.
Numerose le associazioni coinvolte, ambientaliste e non come Wwf, Greenpeace, Legambiente, Gruppo di intervento giuridico, Touring Club italiano e l’isolana No trivelle in Sardegna, costola del movimento nazionale No-triv.
Il referendum, nella sua semplicità ha però dei possibili risvolti poco chiari: il quesito abrogativo determina la necessità di votare sì per dire no alle trivelle, mentre si vota no se si è a favore del prosieguo delle attività estrattive.
Non c’è solo poi la questione di durata di concessioni. I No-triv e i presidenti dei Consigli regionali temono l’ennesimo tentativo da parte del Governo di esproprio di poteri alle regioni e un modo di temporeggiare su scelte di politica energetica che includano le rinnovabili.
Le motivazioni sono quindi di natura più profonda: il timore di nuove trivellazioni sembra non sussistere, visto che la legge non ammette nuove ricerche, ma il movimento vuole prendere le distanze anche dalla possibilità che questo sia un cavallo di Troia per concedere autorizzazioni per impianti a poco più di 12 miglia, già pervenuta per i mari sardi.
Il fronte del sì argomenta pure con motivazioni di natura ambientale.
Le piattaforme estraendo greggio, possono avere degli sversamenti e la stessa manutenzione delle strutture è fatta con materiali tossici i quali, finendo in mare, entrano nella catena alimentare.
L’inquinamento potrebbe interessare anche l’aria per via di esplosioni accidentali. In base alla profondità di estrazione, potrebbero verificarsi movimenti tellurici, come avrebbero dimostrato studi americani e, oltre ai danni ai mari, le piattaforme deturperbbero la bellezza delle coste, causando perdite per il settore turistico.
La discesa del prezzo del petrolio ha anche avuto come effetto l’aumento del costo estrazione e il calo dei ricavi per le società petrolifere. La lotta dei No-triv, seppur con valide ragioni, potrebbe però concludersi con un nulla di fatto.
La spada di Damocle del quorum del 50 per cento più uno degli aventi diritto sembra essere pronta a colpire, come per ogni referendum, dove non si raggiunge il risultato minimo una volta su due. Chi vuol far saltare il referendum, più che ragioni, sta portando silenzi, in modo tale da far prevalere l’astensione. In questo modo la legge di stabilità non sarebbe intaccata e le richieste delle Regioni rimarrebbero inascoltate, così come quelle di tanti cittadini che si sono detti contrari alla proroga della concessioni e quindi hanno chiesto lo stop immediato delle attività estrattive.
Già lunedì 18 aprile sapremo quale sarà stata la scelta definitiva.
Roberto Leinardi
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