Legge regionale sull’azzardo: forse ci siamo La Commissione consiliare sta ascoltando gli operatori del settore
«L’auspicio è che entro l’anno si possa avere una legge che regolamenti e contrasti l’azzardo di Stato».
Così il professor Vittorio Pelligra, docente di Politica economica all’Università di Cagliari e co-fondatore di «Slotmob», movimento di sensibilizzazione verso i problemi legati all’azzardo, commenta l’audizione avuta nei giorni scorsi dalla Commissione Salute del Consiglio Regionale, dove sono in corso i lavori per definire i criteri con i quali verrà impostata la legge sul fenomeno azzardo. «Registro – dice Pelligra – una forte volontà politica di arrivare ad una legge: c’è la voglia di approvarla prima della fine delle consiliatura. Sarebbe un buon risultato.»
C’erano vari testi depositati negli uffici del Consiglio.
Sono stati raccolti e unificati un unico testo le tre proposte di legge presentate negli ultimi anni da vari consiglieri dell’attuale maggioranza.
Che impressione ha avuto del provvedimento in esame?
Credo sia una buona legge, e ci sono buone probabilità che possa arrivare in Consiglio ed essere approvata. Si tratta di una legge modellata sulla falsa riga di altri provvedimenti simili già in vigore in altre Regioni, come in Lombardia, che l’ha approvata di recente ed ha già resistito a vari ricorsi che sono stati presentati al Tar.
Perché è necessaria una legge regionale?
Per dare più forza alle amministrazioni comunali che devono emanare i regolamenti. Con in mano una legge regionale è più facile per i comuni far applicare le regole e resistere ai possibili ricorsi di chi in questa attività ha grandi interessi, specie quando si tratta di piccoli centri.
C’è chi boccia queste iniziative perché potrebbero cancellare posti di lavoro.
La premessa che ho fatto davanti alla Commissione è che la legge va nella giusta direzione, perché alla luce dei dati tutte le contro-deduzioni che vengono portate a favore della legittimazione del settore sono fallaci. La prima cosa non vera è che l’azzardo legale scaccia quello illegale: in realtà i dati dimostrano che con la crescita dell’azzardo legale aumenta quello illegale, perché la malavita organizzata va al traino dell’azzardo legale facendogli concorrenza: il sistema legale crea i giocatori i quali però finiscono nelle maglie di quello illegale, visti i profitti più alti e l’assenza di tasse, facendone così crescere il business. Non c’è concorrenza ma una complementarietà. C’è poi un altro punto.
Quale?
I posti di lavoro. Si dice che ci sono 140mila lavoratori nel settore. In realtà 30mila sono quelli legati al settore dell’azzardo, chi lavora nei concessionari, chi fa i contratti. Il grosso che viene computato nel settore fa parte di quelli lavoratori che dedicano solo “quota a parte” del loro lavoro: tabaccai o baristi che vendono prodotti di lotterie istantanee o ritirano scommesse.
Ascrivere questi lavoratori al settore dell’azzardo è una forzatura, dato che baristi e tabaccai ci sarebbe ugualmente.
Ci sono dati dai quali emerge poi che se i soldi raccolti negli ultimi anni attraverso l’azzardo fossero finiti nel ciclo dell’economia reale si sarebbero potuti creare 115mila posti di lavoro veri. La lotta all’azzardo di fatto non distruggere posti di lavoro ma contribuirebbe a crearne di veri.
Quanto poi ai presunti guadagni dello Stato, anche qui le cose stanno diversamente da quanto si dice: su 10 miliardi di entrate fiscali ha 30 miliardi di costi sociali. Sono dati delle diverse Commissioni che si sono occupati del fenomeno e solo eloquenti.
Roberto Comparetti
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