L’alcol è la droga legale più consumata Parla Graziella Boi, psichiatra, direttrice del Centro per il trattamento dei disturbi correlati ad alcol e gioco d’azzardo della Assl Cagliari
L’Organizzazione Mondiale della sanità stima che circa 140 milioni di persone nel mondo soffrano di dipendenza da alcol.
Per Graziella Boi, psichiatra, direttrice del Centro per il trattamento dei disturbi psichiatrici correlati ad alcol e gioco d’azzardo della all’ASSL Cagliari «spesso il problema si associa ad altre patologie».
Soprattutto nelle fasi iniziali questa malattia non è riconosciuta come tale dal paziente così come dai familiari o dagli operatori sanitari. «L’uso dell’alcol — prosegue — è radicato nella nostra cultura. La strutturale integrazione sociale che lo differenzia dalle altre droghe è alla radice di una forte sottovalutazione che ne oscura la sua reale natura di sostanza tossica, gravemente lesiva. Pur suscitando meno allarme sociale, l’alcol è la droga legale più consumata da gran parte della popolazione».
Secondo i dati forniti dal Ministero della salute sugli interventi realizzati nel 2015 in materia di alcol e problemi correlati, nel 2014 si è osservato un lieve calo rispetto all’anno precedente dei consumatori giornalieri mentre continua ad essere in aumento il consumo di alcol occasionale e al di fuori dei pasti. «Dallo studio “Progressi delle aziende sanitarie per la salute” — spiega la direttrice — risulta che in Italia nel 2011 solo il 15% degli operatori sanitari si è informato sul consumo di alcol dei propri assistiti e solo nel 6% dei casi ha fornito l’indicazione di ridurne il consumo. A fronte di oltre un milione di persone affette da alcol dipendenza, solamente il 6,5% di essi risulta in carico ai Servizi. Questo significa che il restante 93.5 % non si cura».
Poco più di quarant’anni fa il problema dell’alcolismo era affidato alle istituzioni psichiatriche e gli alcolisti costituivano mediamente quasi un terzo della popolazione manicomiale. Le leggi numero 685 e 180 rispettivamente del 1975 e del 1978 hanno determinato un sostanziale disimpegno della psichiatria rispetto al trattamento dell’alcolista. Il suo asse assistenziale si è quindi spostato dalla clinica psichiatrica alle divisioni di medicina interna, neurologia e gastroenterologia degli ospedali generali, creando un vuoto assistenziale.
Per la dottoressa Boi «in questo scenario, il Centro per il trattamento dei disturbi psichiatrici correlati ad alcol e gioco d’azzardo, del Dipartimento di Salute Mentale di Cagliari, propone un programma di cura integrato che comprende trattamenti farmacologici, interventi psicoterapeutici individuali e di gruppo anche ai familiari e supporti psico-sociali. Il Centro infatti eroga in un unico servizio trattamenti appropriati e ad alta intensità assistenziale sia per gli alcolisti puri che per i pazienti in doppia diagnosi. Dopo la prima fase di approccio, propedeutica alla partecipazione al programma terapeutico-riabilitativo, il paziente e il familiare effettuano periodici colloqui psichiatrici e psicologici individuali e sono successivamente inseriti nella terapia di gruppo.».
Sempre secondo l’analisi stilata dal Ministero della salute il fenomeno del “binge drinking” che corrisponde all’assunzione di più bevande alcoliche in un intervallo di tempo più o meno breve, desta particolare allarme. Le percentuali aumentano progressivamente nel secondo decennio di vita e raggiungono i valori massimi tra i 18-24enni. Esiste inoltre una specificità del bere giovanile che si caratterizza per la non regolarità delle bevute, la maggiore assunzione di birra e la propensione per le pratiche alcoliche legate alla socialità vissuta nel gruppo dei pari».
Per la direttrice «le tendenze attuali indicano un maggior accostamento delle donne e dei giovani all’alcol e uno sviluppo dei modelli di consumo ad alto rischio. Essi sono inoltre più vulnerabili rispetto agli adulti riguardo i danni psichici, emotivi e sociali causati proprio dal consumo eccessivo».
Maria Luisa Secchi
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