La vita del Risorto ci apre all’eternità
Il Messaggio dell’Arcivescovo in occasione della Santa Pasqua
La vita del Risorto ci apre all’eternità.
Il duello tra la vita e la morte irrompe di continuo nella nostra giornata, suscitando orrore, pietà e speranza.
La guerra in Ucraina e in altre parti del mondo, il recente terremoto in Turchia e Siria, la morte di migranti che fuggono da guerre e fame a pochi metri dalla costa della Calabria, genitori che uccidono, per disperazione, anche i propri figli.
È come l’emergere, nell’esperienza personale e sociale, della «debolezza mortale» che sfinisce la nostra umanità (cfr Colletta del Lunedì Santo).
Appena la morte appare nella nostra esperienza, al dolore si accompagna la domanda: «In faccia alla morte l’enigma della condizione umana raggiunge il culmine» (Gaudium et Spes, 18). Diventiamo domanda a noi stessi (cfr. Le Confessioni 4,4.9).
L’uomo è tormentato non solo dalla sofferenza ma soprattutto dal timore che la vita sia destinata al nulla, alla dimenticanza di ciò che passa e non lascia traccia.
L’istinto del cuore, però, respinge l’idea della fine definitiva poiché il «germe dell’eternità che porta in sé, irriducibile com’è alla sola materia, insorge contro la morte» (GS 18).
L’abbraccio alla piccola Hanin è tra i ricordi più cari che porto con me dalla recente visita in Siria.
Hanin (che vuol dire «nostalgia») è nata poche ore dopo la scossa che ha strappato la terra in Turchia e Siria e ucciso migliaia di persone.
L’espressione della madre, ospitata nell’aula di una scuola, insieme ad altre centinaia di sfollati, fonde in modo indescrivibile la tristezza per la morte del marito e la gioia per la nascita della bambina.
Nostalgia di vita, speranza di bene.
Gli auguri che offriamo a un bambino appena nato vogliono dire che la sua vita è un bene, sperano che la vita sia un cammino di soddisfazione.
E perché l’augurio corrisponda alla realtà, serve una promessa più grande di ogni possibile minaccia di male.
Chi può promettere una vita felice e piena, più grande della morte stessa?
E senza una promessa affidabile, dove trovare le energie per iniziare sempre di nuovo il percorso personale e la costruzione di una socialità più giusta?
La risurrezione di Cristo dà ragione dell’istinto del cuore e compie la sua attesa fondamentale, la sua speranza definitiva.
La vita piena del Risorto vince ogni morte e ci apre all’eternità che bramiamo già in questa esistenza terrena, impegnandoci ad esserne testimoni di fronte al mondo.
La Pasqua fa esplodere il grido della vittoria conquistata da Cristo risorgendo alla vita, liberando in questo modo l’uomo dalla morte mediante la sua morte.
La misericordia di Dio spalanca il confine tra morte e vita, il cielo e la terra.
Dalla Siria riporto ancora la lezione che il giovane francescano sintetizzava dalla sofferenza di lunghi anni di guerra, di povertà e oppressione in Siria: «La fede è vita nella morte; la mancanza di fede è morte nella vita».
La fede è vita! Possiamo goderne noi tutti, possiamo esserne testimoni nel mondo per confortare la speranza degli uomini.
Buona Pasqua a tutti.
Giuseppe Baturi – Arcivescovo
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