La storia di cui parla il Vangelo è la nostra storia Una riflessione di don Felice Nuvoli

Vi proponiamo una riflessione di don Felice Nuvoli, alla luce del discorso di papa Francesco in piazza San Pietro in occasione della preghiera in Tempo di pandemia.

«Venuta la sera»s (Mc. 4,35), «presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa».

«La tempesta smaschera la nostra vulnerabilità e lascia scoperte quelle false e superflue sicurezze», le stesse che ora si mostrano impotenti a calmare il mare, incapaci a sostenere e dare forza alla vita.

Nella barca in tempesta dove Gesù dormiva ci siamo anche noi.

Questa barca può portarla in salvo solo Cristo. Pietro, non senza timore e tremore, ne ha coscienza più degli altri.

Papa Francesco ha fatto vedere come la storia di cui parla il Vangelo è la nostra storia.

Non siamo nella barca che vacilla minacciando di affondare come in una finzione scenica o in un semplice ricordo del passato, ma vi siamo realmente nella memoria che attualizza un avvenimento di salvezza.

Questa memoria è il dono dello Spirito che il Padre manda in nome del Risorto (Gv. 14,26).

Lo Spirito Santo fa capire e attualizza la vita di Gesù, permettendoci di riconoscere nella sua storia la verità della nostra storia personale.

Capita così che quella storia avvenuta lì e allora diventi una storia che accade qui e ora.

La verità universale di Cristo diviene valore per me; la promessa fatta a tutti gli uomini nella risurrezione di Cristo, grazie al dono dello Spirito, diventa promessa fatta a me.

Finalmente posso riceverla e accettarla.

L’azione dello Spirito santo agisce in me come la forza del lì e allora nel qui e ora.

Allora, Gesù Cristo non è un personaggio da relegare nella lontananza della storia, ma una presenza attuale, riconoscibile come il Tu di Dio che ci viene incontro nella circostanza in cui siamo.

La fede è precisamente il riconoscimento che nel Tu di Cristo è Dio stesso che ci cerca, che ci afferra.

Ma ciò non sarebbe possibile se la storia di Cristo non passa dal là e allora della Palestina al qui e ora della nostra storia.

Se il racconto della tempesta sedata è ricco di una speranza nel presente è solo perché la risurrezione di Gesù assicura che la sua non è una storia limitata, conclusa e passata, come qualsiasi altra storia, ma è una storia la cui azione permane illimitata.

La risurrezione non è appena un’aspettativa che interessa il futuro; è piuttosto una nuova vita più forte della morte che agisce già oggi. Anzi, meglio dire che la risurrezione avviene ora o non avviene affatto.

Nella disintegrazione della morte la risurrezione genera qualcosa di valore eterno. Quanto altrimenti resta immerso nell’ombra della morte, ora emerge nella luce di una nuova creazione.

Niente testimonia meglio la risurrezione della festa che essa suscita qui e ora nella vita di chi il Risorto raduna in una comunità visibile.

Una comunità fatta di persone fragili e ciò fa scandalo, ma la gioia della loro unità è più forte di ogni sfiducia.

«Per quanto numerosi noi siamo formiamo un unico corpo in Cristo, il corpo stesso di Cristo» (Rom. 12,5; 1Cor. 12,27; Ef. 1,23. Cfr. 1Cor. 10, 17 e 12,13; Ef. 4,16 e 5,30; Col. 1,24).

Cristo risorto si fa incontro agli uomini nel corpo della Chiesa.

La Chiesa è realmente il corpo del Signore.

Conformemente al modo di pensare degli ebrei – che unisce inseparabilmente corpo e anima, corpo e persona –, san Paolo insegna che appartenere a Cristo e appartenere al suo corpo è la stessa cosa.

Don Felice Nuvoli

RIPRODUZIONE RISERVATA
© Copyright Il Portico