La competenza relazionale e comunicativa del catechista-educatore Scuola diocesana di formazione per catechisti ed educatori

PastoraleCon l’incontro dello scorso 18 gennaio ha preso il via il primo anno, dei due previsti, del secondo ciclo della Scuola diocesana di formazione per catechisti ed educatori, impegnati nella maturazione umana e nella crescita della fede delle nuove generazioni, organizzato dall’Ufficio catechistico diocesano.

Il tema scelto per il biennio della Scuola è «La competenza relazionale e comunicativa del catechista/educatore». Sono più di cento i catechisti-educatori, delle diverse parrocchie della diocesi, che hanno risposto all’invito formativo e che partecipano con interesse e entusiasmo, ogni mercoledì, agli incontri tenuti dalla docente, la dottoressa  Marina Del Zompo. I corsisti, consapevoli, per esperienza diretta, di quanta importanza rivesta la comunicazione nella catechesi, così come in ogni processo educativo, sono estremamente motivati a conoscere le dinamiche della comunicazione, a esaminare criticamente i linguaggi che si  adottano per trasmettere la fede, a confrontarsi e condividere le esperienze con le altre realtà ecclesiali della diocesi, a saper scegliere modalità pedagogiche adeguate.

La scuola è vissuta anche come un’occasione per rivedere il proprio operato, per identificare le potenzialità, ma anche le criticità e i bisogni di ciascuno.

Le aspettative espresse dai  partecipanti sono tante: capacità di entrare in relazione positiva, da educatore, con i ragazzi, stabilire un rapporto affettuoso e cordiale, capace di trasmettere al ragazzo, con il proprio atteggiamento amorevole, un po’ dell’esperienza dell’amore di Dio, e, nello stesso tempo, manifestare una capacità di comunicare, anche verbalmente, in modo autentico e aderente alla verità di sé, i contenuti della catechesi: la capacità quindi di tradurre in un linguaggio adatto, ciò che la catechesi iniziatica deve comunicare.

Proprio per questo, si lavorerà per sollecitare nei corsisti la consapevolezza della propria modalità comunicativa, verbale e non verbale, attraverso la quale essi si propongono inevitabilmente come modello educante credibile, e perciò autorevole, oppure come modello puramente formale e quindi destinato a incidere poco o affatto sul contesto in cui opera.

Parlare di comunicazione implica quindi un richiamo deciso alla responsabilità educativa che, in prima persona, assume chi si impegna in un’azione pastorale e sulla ricaduta che il suo operato può avere sulla vita di coloro con i quali interagisce.

Maria Grazia Piras

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