Insegnare religione è un lavoro che amo Parla Mara Martis, da 30 anni maestra nella scuola primaria

insegnare religioneInsegnare religione è una della più belle esperienze che si possano fare. Sintetizza così il suo impegno nell’istituto comprensivo di Su Planu a Selargius, Mara Martis, che dal 1988 insegna religione cattolica. «Amo il mio lavoro – dice – perché faccio ciò in cui credo. Sono cattolica praticante e ho scelto un lavoro che mi piace molto. La vita è strana a volte: ho avuto la possibilità di entrare in ruolo anche come maestra non di religione ma alla fine ho scelto l’Irc  e non me ne sono mai pentita. È faticoso, spesso i genitori sono dubbiosi sul tipo di lavoro che porto avanti. In molti hanno la convinzione che la nostra sia una materia per creare adepti alla Chiesa. In realtà ciò che facciamo è una proposta di tipo culturale, anche se a volte può essere fraintesa dai genitori.

In trent’anni i bambini sono cambiati?

Direi proprio di sì, specie nell’approccio con noi insegnanti. In questo incide molto anche il racconto che viene fatto del nostro lavoro. Troppo spesso emerge il lato meno esaltante della nostra professione, come narrano le cronache: c’è chi si macchia anche di colpe gravi. Questo ha fatto perdere a tutti un po’ di credibilità. Dal punto vista personale però ho riscontri molto positivi: ringrazio per aver avuto la capacità di instaurare bei rapporti con gli alunni e con le famiglie, anche se molte di queste si dichiarano non credenti. C’è un atteggiamento più riflessivo delle famiglie nella scelta, ci pensano di più, verificando che non si tratti di lezioni di indottrinamento, come in un episodio recente.

Lo può raccontare?

Certo. Ad inizio anno la famiglia di un alunno di terza elementare non ha scelto l’insegnamento della religione cattolica, e quindi non poteva stare in classe. In quel periodo stavo spiegando l’Antico Testamento e un giorno sono arrivata con il pane azzimo: lui è rimasto affascinato tanto che mi ha chiesto di rimanere. Ne abbiamo parlato con il padre che ha specificato di evitare qualsiasi tipo di intervento volto a indottrinare il figlio. Dopo l’autorizzazione del dirigente, ho invitato il padre a una lezione: l’uomo si è ricreduto e mi ha detto che il figlio poteva seguire l’ora di religione. Da quel momento non ci sono stati più problemi e anche la sorellina ha frequentato la lezione, che è parte di un percorso culturale portato avanti nella scuola. Anche nell’ultimo “Open day” alcune mamme mi hanno detto che avrebbero fatto la scelta della religione cattolica perché hanno saputo come si lavora e soprattutto che non si tratta di un percorso di catechesi.

Ciò che conta quindi è il metodo e l’approccio con alunni e famiglie?

Credo di sì, molti scelgono l’ora di religione dopo aver saputo come il lavoro viene portato avanti. Siamo delle professioniste che hanno a cuore il bene dei bambini. Potrei fare un ultimo esempio. Nei giorni scorsi una bambina di terza è venuta in un’altra classe. Aveva chiesto l’autorizzazione alla sua maestra perché voleva vedermi: secondo lei una sola lezione la settimana era insufficiente, per cui ha chiesto il permesso per incontrarmi. È un piccolo episodio che mostra come quando ai bambini si è capaci di dare qualcosa di autentico loro lo ricercano.

Roberto Comparetti

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