Il servizio di catechesi va vissuto come una missione
A Sant’Elena di Quartu l’incontro dei catechisti con l’Arcivescovo
Il servizio di catechesi va vissuto come una missione.
Nell’auditorium della Basilica di Sant’Elena l’arcivescovo, Giuseppe Baturi, ha tenuto l’ultimo dei tre incontri di formazione per catechisti, organizzato dalla Forania di Quartu Sant’Elena, dal titolo «Annunciatori alla scuola dei Profeti».
L’incontro è stato preceduto da due momenti di formazione biblica, tenuti da don Andrea Secci e dal professor Michele Corona, che hanno aiutato i catechisti a rileggere le storie dei profeti, alla luce dell’impegno di annuncio e missione che loro sono chiamati a portare avanti anche nella realtà attuale.
L’incontro con monsignor Baturi, organizzato dell’Ufficio Catechistico diocesano, è stato diviso in due momenti.
Nel primo i rappresentanti dei catechisti di ogni parrocchia di Quartu Sant’Elena hanno riportato una sintesi di quanto scaturito dalle risposte al questionario sul Sinodo, a cui hanno previamente lavorato nelle singole realtà.
Dalle diverse condivisioni sono emerse alcune problematiche attuali come la mancanza di spazi adeguati a disposizione per lo svolgimento di incontri alternativi con i bambini e i ragazzi.
Il difficile coinvolgimento delle famiglie nell’educazione religiosa dei figli; la ricerca nel trovare sempre il linguaggio giusto per le diverse fasce d’età.
Il duro periodo della pandemia che ha ridotto notevolmente, in alcune parrocchie, la partecipazione a qualsiasi tipo di attività ed infine l’esigenza di riprendere gli incontri di formazione diocesana.
Non sono mancati i punti di forza: il coinvolgimento dei percorsi di catechesi nei vari ambiti della carità, dell’oratorio e della liturgia domenicale.
L’entusiasmo dei catechisti che desiderano testimoniare il proprio incontro con Gesù.
La rete di comunicazione e dialogo tra tutte le generazioni con lo scopo di camminare insieme.
Nella seconda parte, l’Arcivescovo ha analizzato i punti comuni emersi dalle condivisioni.
Ha sottolineato l’importanza dei questionari per migliorare gli incontri formativi diocesani, ma soprattutto ha spiegato qual sia la vera forza dell’Annuncio.
Innanzitutto, vivere il servizio del catechismo come una missione non aspettandoci di raggiungere gli esiti sperati, ma avere la certezza che il messaggio venga seminato nel cuore dei ragazzi.
È fondamentale, per questo, che l’annuncio sia esperienziale, affinché il catechista sia testimone credibile nei gesti e nelle parole, soprattutto laddove venga meno il supporto della famiglia.
Per i bambini e i ragazzi, infatti, la certezza della Fede è data dal rapporto o il ricordo di gesti e parole di chi gliel’ha trasmessa.
Quindi, nel caso del catechista, è più probabile che riesca a trasmettere la Fede più per un gesto di carità o amore, piuttosto che attraverso la lezione teorica.
Altro elemento importante, da non dimenticare, è che la Fede non si può misurare e che non arriva a tutti in un tempo prestabilito, quindi la risposta che bisogna attendere è che chi ci ascolta risponda semplicemente col suo modo di essere, nei gesti e nelle parole.
Citando le parole di Papa Giovanni Paolo II che disse: «Non si può essere padri se si smette di essere figli», ha aggiunto che non si può essere maestri se si smette di essere profeti, ribadendo così, l’importanza della formazione, poiché non bisogna mai sentirsi arrivati, ma avere sempre il desiderio e la sete di imparare.
Per spiegare, poi, che noi catechisti non dobbiamo pensare di parlare ad un gruppo ma al singolo individuo, monsignor Baturi ha citato un articolo del diritto canonico in cui si dice che «ogni individuo ha il diritto di ricevere la Parola di Dio a seconda della sua condizione».
Qui si è riagganciato ad un altro argomento emerso dalle condivisioni, ossia, l’annuncio della parola a chi ha delle disabilità e su questo si stanno facendo diversi studi in merito, anche se rimane ancora un argomento difficile; difronte a queste fragilità è importante chiedersi se si parla sinceramente all’individuo e si vuole arrivare al suo cuore.
In ultimo ha analizzato il problema della comunicazione in base alle fasce di età, per cui è importante relazionarsi in maniera diversa quando si parla a bambini o ragazzi, affinché l’annuncio possa essere efficace. Utilizzando i mezzi più vicini a loro, tenendo sempre a mente, appunto, il principio di dover arrivare al singolo individuo.
L’Arcivescovo ha concluso l’incontro incoraggiando i presenti a svolgere la missione con gioia e grinta, nella convinzione che sia una cosa buona per Cristo: «Grazie e coraggio per quello che fate nelle vostre comunità».
Il servizio di catechesi va vissuto come una missione.
M. Bernardetta Piras
Il servizio di catechesi va vissuto come una missione.
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