Gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi
XXV Domenica del Tempo Ordinario (Anno A)
Gli ultimi saranno primi.
Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: «Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna.
Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna.
Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”.
Ed essi andarono.
Uscì di nuovo verso mezzogiorno e verso le tre, e fece altrettanto.
Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”.
Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”.
Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”.
Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e dai loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi”.
Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro.
Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più.
Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro.
Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”.
Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene.
Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio?
Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”.
Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi».
Commento a cura di Roberto Piredda
«Andate anche voi nella vigna».
È l’invito che il padrone rivolge in diversi momenti della giornata, dall’alba fino alla sera, a dei lavoratori coinvolti per l’occasione.
Ciò che colpisce i lavoratori chiamati per primi è il comportamento del padrone, che offre la stessa paga, un denaro, a chi ha lavorato per l’intera giornata e a chi solo per un’ora.
Un tale modo di fare potrebbe lasciare, comprensibilmente, disorientati.
Non si tratta di ricavare dalla parabola un discorso sui rapporti di lavoro e la giustizia sociale.
Si parla invece, in modo provocatorio, del Regno dei cieli e dello stile che Dio ha con i suoi figli.
Un primo aspetto da notare nell’agire del padrone è che egli non accetta che ci siano dei «disoccupati». La chiamata a far parte del Regno di Dio è per tutti, nessuno escluso.
Tutto si gioca nell’incontro di due libertà: quella di Dio che desidera attirare tutti a sé, alla sua verità e al suo amore, e quella dell’uomo che può accogliere o meno il suo invito.
Quelli che, per ragioni sociali o religiose, vengono considerati «ultimi», se accolgono la proposta di Dio, possono diventare «primi».
Al contrario, chi presume di essere «primo», stando quindi vicino a Dio, magari solo per virtù propria, rischia invece la retrocessione, tornando «ultimo».
La vera ricompensa, ignorata dagli operai della prima ora, concentrati unicamente sul «peso della giornata e il caldo», è quella di essere stati chiamati a lavorare nella vigna.
Si tratta di stare al servizio del Signore, collaborando alla sua opera.
Non va dimenticato che il «premio» autentico è il Regno.
A chi si lamenta perché ad altri è stata data un’identica ricompensa, Dio risponde ponendo in risalto la sua giustizia, che supera i ristretti calcoli umani per entrare nello spazio della misericordia.
La libertà del Padre non è però quella dell’arbitrio, ma dell’amore gratuito.
La differenza tra «primi» e «ultimi» non è data per sempre, a chiunque è offerta la possibilità di essere «primo», cioè di far parte del Regno dei cieli.
L’invito alla conversione fatto agli operai della prima ora è proprio quello di spogliarsi del giudizio, della pretesa di essere migliori, per prendere parte alla gioia di Dio, considerando un dono quanto proviene da Lui e non come un mero possesso, conquistato solo con i propri meriti.
L’atteggiamento da portare avanti è quello della gratitudine per la generosità di Dio, che non smette mai di farsi «mendicante» degli uomini, in ogni situazione di vita, chiamandoli a seguirlo e a vivere da suoi figli.
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