Gli infermi, un dono per le parrocchie
La celebrazione del Giubileo dei malati e dei disabili di domenica scorsa ha testimoniato come la presenza di questi nostri fratelli sia così importante nella vita della comunità.
L’appuntamento celebrato a Bonaria, con l’attraversamento della Porta santa, che è Cristo stesso, è stato preceduto da un’adorazione eucaristica giovedì scorso nella cappella del Seminario. Questo, a mio avviso, è stato forse il momento nel quale chi opera nel mondo della sanità può aver riscoperto i motivi del suo impegno. La preghiera pronunciata evidenziava la necessità di stare alla presenza di Gesù Eucaristia per presentare le sofferenze umane, fisiche e morali «Gesù – recitava il testo – tu che hai vissuto l’esperienza del rifiuto dei tuoi concittadini, l’incomprensione dei tuoi discepoli, il tradimento di Giuda e di Pietro, un giudizio e una condanna ingiusta e infine una morte da malfattore, sii vicino a chi è schiacciato dal peso del tradimento, dell’abbandono, della calunnia e del cattivo sospetto. Accostati a coloro che sono soli nel portare il peso della malattia, questi fratelli in particolare ti portiamo qui davanti, come faceva la gente dei villaggi della Giudea quando sapevano che tu eri tra loro».
È quello che è accaduto domenica in una Basilica come al solito colma di fedeli. Un’immagine che non dovrebbe essere legata alla sola celebrazione annuale della Giornata del Malato ma fatta propria da ciascuna comunità parrocchiale che celebra il mistero di Cristo. La nota pastorale «Predicate il Vangelo e curate i malati» ricorda come «la presenza e l’azione della Chiesa nel mondo della salute trovano la loro realizzazione concreta nelle comunità particolari in cui si articola la sua presenza. È al loro interno che i fedeli sono chiamati a porre attenzione alle situazioni di sofferenza presenti nel territorio e a conoscere le molteplici strutture che, in esso, promuovono la salute e attuano la cura dei malati».
La prima attenzione della cura pastorale nella comunità cristiana è la visita al mondo della salute. «Il primo progetto da realizzare – si legge ancora nella nota pastorale – è la costruzione di una comunità guarita e sanante. Gesù infatti, non solo ha curato e guarito i malati, ma è stato instancabile promotore della salute».
In questo senso resta fondamentale il compito a cui è chiamata la comunità ecclesiale: la promozione della persona sofferente. «Si tratta – recita la nota pastorale – di rendere operativa l’affermazione di Giovanni Paolo II, secondo cui l’uomo sofferente è soggetto attivo e responsabile dell’opera di evangelizzazione e di “salvezza”. Tale affermazione implica il riconoscimento del carisma dei sofferenti, dei valori che essi richiamano, del loro apporto creativo alla Chiesa e al mondo».
È questo dunque il compito che ciascuna comunità è chiamata a svolgere: considerare gli infermi come inviati dal Signore a lavorare la sua vigna, alla stregua di ciascuno di noi, come parte integrante e vivificante delle parrocchie.
Il Giubileo, celebrato domenica scorsa, ne è stata la prova più evidente. Anche nella nostra diocesi è necessario far crescere e far sviluppare questa consapevolezza, per non ridurre il tutto alla visita periodica del malato, mettendo quindi gli infermi e i loro familiari al centro dell’azione pastorale della comunità parrocchiale.
Giuseppe Carrucciu – direttore dell’Ufficio diocesano di Pastorale della salute
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