Giovani sardi disoccupati e poco istruiti, secondo la Caritas Il Dossier della Caritas diocesana registra il calo dei poveri
Giovani sardi poco istruiti e in cerca di occupazione mentre diminuisce il numero delle persone che si rivolgono ai centri d’ascolto e alla Mensa Caritas. Un quadro con luci e ombre quello del dossier 2017 della Caritas diocesana.
Quasi 300mila pasti sono stati forniti nel corso dell’anno, con una media di 800 al giorno e punte di 1200 nei momenti più critici. Oltre 1500 le persone che hanno usufruito del servizio: 651 donne e 903 uomini per un totale di 1562 utenti, con un calo di 669 unità rispetto allo scorso anno, per la maggior parte si trattava di cittadini italiani, il 62,7 per cento e il 34,6 per cento risultava straniero, in prevalenza africani, di età compresa tra i 35 e i 54 anni, sia coniugati che celibi.
Dal punto di vista del grado di istruzione molti degli utenti hanno un livello medio basso, licenza media il 47,7 per cento, alcuni, il 5,1 per cento, è analfabeta, solo il 2,9 per cento è laureato. Quanto poi alla professione il 70,3 per cento degli assistiti è disoccupato, mentre il 5,6 per cento è pensionato e il 6,2 è casalinga: oltre l’80 per cento degli utenti è senza lavoro.
Ai centri vengono presentate richieste per beni di natura economica (28,8 per cento), segno che la povertà colpisce il 30 per cento degli utenti, a seguire per bisogni occupazionale, un quarto degli utenti ne fa richiesta, per l’abitazione, il 1,4 per cento dato in crescita rispetto al 2015.
I disoccupati in Sardegna sono 117mila, molti dei quali giovani, con la nostra Isola che continua a registrare la cosiddetta «fuga di cervelli», per via delle assenza di opportunità, che provoca il continuo spopolamento, tanto che 122, circa un terzo dei comuni sardi, hanno meno di 1000 abitanti.
I dati inoltre evidenziano che tra la popolazione residente le persone di età compresa tra 15 e 34 anni è pari a 340mila unità mentre vent’anni fa toccava quota 550mila, segno dell’inverno demografico in corso.
Sul fronte dell’occupazione i dati per quella giovanile sono molto preoccupanti. Tra i 15 e 24 anni nel 2016 erano senza lavoro 15mila giovani, mentre i numeri dei Neet, persone che non studiano né lavorano, parlano di 72.780 giovani con incremento dal 2009 quando erano il 28 per cento al 2016, quando hanno raggiunto il 30 per cento, rispetto alla media nazionale, 24,3 per cento, la media europea è del 12,5 per cento.
Tra i giovani di età compresa tra i 20 e i 24 anni rispetto al 2010 la disoccupazione è cresciuta del 20 per cento, mentre è salita del 9 per cento nei giovani tra i 25 e i 34 anni.
A determinare questa situazione anche una preoccupante deriva della scuola sarda. I dati Istat raccontano di una partecipazione al sistema di istruzione e formazione in Sardegna, stando all’ultimo dato disponibile, è pari al 29,1per cento per i giovani tra i 20 e i 24 anni, contro ad esempio il 52,1 per cento dell’Emilia Romagna. Per i giovani tra i 15 e i 19 anni, invece, la partecipazione è pari all’81,8 per cento, rispetto al 89,1 per cento sempre dell’Emilia Romagna.
I giovani che abbandonano gli studi in Sardegna sono passati da un impressionante 25,5 per cento nel 2012 al 18,1 per cento del 2016, dato che definisce l’Isola come peggiore regione d’Italia dopo la sola Sicilia e a pari merito con la Campania. Dall’ultimo censimento risulta poi che la percentuale di popolazione laureata in Sardegna è pari al 9,6%, ultima in classifica se si escludono solo Sicilia e Puglia. Siamo invece proprio ultimi per quanto riguarda la percentuale di diplomati (26%) contro una media nazionale del 29,8%.
Quanto poi alle competenze acquisite dagli studenti isolani i dati registrano che solo il 3, 3 per cento raggiunge un livello elevato in lettura, contro una media nazionale del 6,7%, e una punta del 13,3 in Veneto. In matematica la percentuale si attesta al 4,2 contro una media nazionale del 9,9% e un picco del 18,7 per cento in Veneto.
Da qui la necessità di rendere prioritaria la questione educativa, vera chiave di volta per far superare il gap che rende i giovani sardi meno preparati al mondo del lavoro, oggi più che mai appannaggio degli individui meglio preparati.
Roberto Comparetti
© Copyright Il Portico