Gesù si pose a sedere e si mise a parlare IV Domenica del tempo ordinario (anno a) - 29 gennaio 2017
Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati.
Beati i miti, perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».
(Mt 5,1-12a)
Commento a cura diEmanuele Mameli
Il portale del discorso della montagna raccolto nei capitoli 5-7 del Vangelo di Matteo: questa è una tra le tante definizioni attribuite al brano evangelico di questa domenica, riproposto, tra le altre cose, in numerose celebrazioni e ricorrenze dell’anno liturgico. Emerge nel testo il coraggio e l’insistenza di Gesù: descrive, come mai nessuno, la via della beatitudine, della felicità. Gesù ha l’ardire di proporre concretamente come si può essere felici e chi, a conti fatti, è davvero felice. Gesù guarda negli occhi la folla, ne conosce la storia ma soprattutto intuisce che, dentro il cuore di chi è salito con lui fin sul monte, freme impaziente il desiderio di novità, di senso compiuto da dare e da darsi, e, in definitiva, di felicità. Per questo motivo, attratti dai primissimi gesti «di Dio» e dalle sue lapidarie parole di presentazione, in tanti hanno cominciato a seguire il giovane rabbì di Nazareth. Alcuni di loro con curiosità attendevano di dare un seguito alla proposta così impressionante e decisiva di diventare pescatori di uomini. Salire con Gesù fin sul monte non è stato altro che orientarsi verso una novità che profuma di divino, che mette in conto fatica e impegno e che guarda tutto da un’altra prospettiva: quella dell’amore fino all’estremo dono di sé. Per questo motivo Matteo, confezionando il suo Vangelo anche per noi, discepoli di questo tempo, ha intrecciato in un grande discorso tutte le espressioni riconducibili alla «nuova legge», alla novità che Gesù propone per essere «come il Padre che è nei cieli». Cioè felici. E non a basso prezzo ma pagando di persona.
L’introduzione alla novità di Gesù, nuovo Mosè che incide non in tavole di pietra ma nel cuore dell’uomo la legge nuova di Dio, è già di per sé esaustiva: le beatitudini sono lì, all’inizio del discorso, per dirci la misura, la concretezza e la destinazione contenuta in ogni sillaba pronunciata da Gesù e in ogni piccolo segno tracciato dall’evangelista nei capitoli successi. Sarebbe davvero interessante affiancare a ogni beatitudine i versetti dei discorsi di Gesù che ne applicano concretamente e decisamente l’enunciato. Beatitudini, quindi, non come ideali poetici ed enunciati utopistici: piuttosto scelte decisive e autentiche di vita, Vangelo alla mano, capaci di trasformare, guardando il Padre che è nei cieli, cuori e mondi. Con semplicità, mitezza, verità, misericordia, mettendosi in gioco per il Regno di Dio senza paura né doppiezza, pronti alla persecuzione e all’oltraggio, inevitabili davanti alla novità del Vangelo. Ecco il sogno di Dio su chi, con libertà, sceglie di fare del Vangelo e dell’amicizia con Gesù il senso della sua vita: il sogno di felicità e di beatitudine che, nella tensione tra presente e futuro, diventa possibile, percorribile e concreto nella trama della storia quotidiana, nelle relazioni e nei legami, nella fatica a scegliere e nelle vicissitudini di qualsiasi genere che caratterizzano originalmente e personalmente la nostra vicenda umana.
Le beatitudini del Regno proclamano la gioia della fiducia in Dio e insieme la gioia del dono di sé. Esprimono la convinzione che l’uomo è fatto per donarsi, non per chiudersi in se stesso. La gioia che le beatitudini promettono è la medesima gioia di Gesù: una gioia cercata e trovata nell’obbedienza al Padre e nel dono di sé ai fratelli.
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