Gesù fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò II Domenica di Quaresima (Anno A)

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte.

E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui.

Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia».

Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo».

All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: «Alzatevi e non temete».

Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo. Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti».

(Mt 17, 1-9)

Commento a cura di Mario Farrugia

«Ora è il Tabor ad esultare e a gioire, il monte divino e santo, il monte sublime, rallegrandosi adesso giustamente non meno per la gloria e lo splendore che per la celeste esaltazione». Così si esprimeva san Giovanni Damasceno (675-749) nell’Omelia sulla Trasfigurazione (§ 3).

Su quell’alto monte, i tre discepoli si trovano spaesati. Non hanno compreso le parole del Signore: «Vi sono alcuni tra i presenti che non moriranno, prima di aver visto venire il Figlio dell’uomo con il suo regno» (Mt 16,28).

Si trovano in pieno contrasto con la luce che viene dall’alto, da Dio. Nulla sembra vero.

È come un sogno, una pausa, una tregua nell’impegno del quotidiano. E non vogliono che finisca!

Passando per la Trasfigurazione prendiamo coscienza di due modi di fare e di vedere: quello di Dio e quello nostro. Dio dona luce, gioia e pienezza, mentre noi ci sediamo e ci limitiamo a fare lo spettatore: attendiamo che s’impegni un altro.

La liturgia ci lancia verso la Luce che brilla per contemplare quanto vede il Signore. Con lui, valutiamo come abbellire quanto ci circonda e permettiamo che egli trasformi il tutto.

Assecondiamo lo Spirito, perché Dio trasformi e rivoluzioni il nostro modo di percepire e di vagliare. Non si tratta di subire una dura negatività, quanto di trasmettere al tutto la positività: la luce di Dio.

Consente tale trasformazione l’ascolto: si accoglie la Parola di Dio, perché metta la sua tenda e dimori tra noi, … a casa nostra. Si va incontro alla pienezza che Dio vuole per l’umanità ferita: non siamo noi i salvatori, quelli che hanno la soluzione a tutto. Si abbandona il vivere credente con un volto desolato e mortificato, per rimboccarci le maniche e comunicare gioia e speranza radicate in Dio.

Cambia il nostro essere discepoli del Signore: da credenti ai minimi termini, ci lanciamo appresso a lui.

Continua il Damasceno: Gesù «si trasfigura quindi, senza assumere ciò che non era, ma mostrando ai propri discepoli ciò che egli era, aprendo così i loro occhi e facendoli da ciechi vedenti” (§ 12).

La Trasfigurazione è solo una finestra … aperta sul Cielo: non è il cielo! Ci fa intravvedere – trasformandoci da ciechi in vedenti – e gustare – un anticipo della casa del Padre – l’unico vero traguardo del vivere umano: l’unione con Dio.

Avevano ragione i tre discepoli a non voler terminare quella pausa travolgente. Scendendo dal monte, Pietro, Giacomo e Giovanni continuano a vedere con gli occhi di prima.

Vanno incontro ai loro dubbi – «Prima deve venire Elia?» (Mt 17,11) – e alla difficoltà di sempre: un’umanità ferita e sofferente (Mt 17,14-18). Ma subiscono una dura lezione: non sono all’altezza del Signore «per la … poca fede» (Mt 17,20).

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