Gesù fu battezzato da Giovanni nel Giordano
Battesimo del Signore (ANNO B)
Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, Giovanni proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo».
Ed ecco, in quei giorni, Gesù venne da Nazaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. E, subito, uscendo dall’acqua, vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di lui come una colomba. E venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».
Commento a cura di Andrea Busia
Dopo aver brevemente introdotto la figura di Giovanni il Battista nei primissimi versetti del Vangelo, Marco pone sulla scena Gesù. Giovanni viene presentato come un asceta che dedica il suo tempo a fare due cose: battezzare e proclamare, queste due cose non sono assolutamente slegate tra loro come aveva detto al versetto 4 in cui oltre a essere esplicitate entrambe le azioni, l’oggetto stesso della proclamazione è il battesimo: «vi fu Giovanni, che battezzava nel deserto e proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati» (Mc 1,4).
Così anche ai vv. 7-8, quelli del primo paragrafo del nostro brano, troviamo di nuovo i due verbi con una modifica importante: la proclamazione non riguarda più il suo battesimo ma quello del «più forte di lui», un battesimo che sarà amministrato, a differenza del suo, «in Spirito Santo».
Il battesimo amministrato da Giovanni il Battista è un battesimo di conversione, un segno esteriore della disponibilità e della volontà di convertirsi, di abbandonare la via del peccato per accogliere le vie di Dio; il battesimo di Gesù è qualcosa di profondamente diverso perché operato «nello Spirito Santo», rimane sì un segno, ma un «segno efficace», capace di cambiare totalmente la persona che lo riceve, è un sacramento!
Gesù stesso riceve questo sacramento, come segno non di allontanamento dalle vie del peccato, che non sono mai state la sue, ma come inizio del suo ministero pubblico, ora Gesù intraprende la missione per la quale si è incarnato e questo viene esplicitato nei versetti successivi in una rapida ed efficace carrellata: prima viene sospinto dallo Spirito Santo nel deserto (v. 12) dove viene tentato dal diavolo ma soprattutto sentiva la mano premuroso di Dio attraverso i suoi angeli (v. 13: «Gli angeli lo servivano»), poi inizia a proclamare il Vangelo e il regno di Dio (v. 14-15), inizia a chiamare i suoi primi discepoli (vv. 16-20), e quindi a insegnare (vv. 21-28) e a guarire i malati (vv. 29-34).
Se per trent’anni Gesù era rimasto «riservato», quando inizia il suo ministero lo fa senza indugio.
Il Battesimo in sé nella versione di Marco è molto scarno, manca il dialogo tra Gesù e Giovanni (presente in Mt 1,13-15), ma contiene l’essenziale: il battesimo e la teofania, la manifestazione di Dio, che segue. Come spesso riconosciuto il Battesimo di Gesù è una manifestazione, la prima nel Vangelo di Marco, dell’azione della Santissima Trinità: Gesù si fa battezzare, lo Spirito Santo scende su di lui e il Padre che lo chiama.
Questa teofania, assieme all’immagine dei cieli che si squarciano, indicano l’irrompere di Dio nella storia dell’uomo, Dio si fa carico delle necessità e della salvezza dell’uomo attraverso il suo Figlio che agirà lasciandosi guidare dallo Spirito Santo (come dice il, già citato, v. 12).
Per Marco, che non racconta la nascita di Gesù a Betlemme, questo è di fatto l’inizio della storia della salvezza operata in Gesù.
Le parole del Padre sono particolarmente significative: chiamando Gesù con il termine di «Figlio» oltre a mostrare con lui una comunione strettissima, lo mostra rivestito di autorità, ed inoltre afferma di amarlo (concetto implicito nel termine «Figlio», si pensi a Is 49,15); questo legame di amore nei confronti del Figlio viene ulteriormente ribadito e assolutizzato: «l’amato», quello amato.
Generato da Dio e perciò costituito in tutto ciò che gli è gradito, è l’immagine a cui ogni uomo deve tendere per diventare anch’egli «gradito a Dio» come invita a fare anche San Paolo: «Vi esorto, fratelli, per la misericordia di Dio, a offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale.». (Rm 12,1)
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