Gesù emise un sospiro e gli disse: «Effatà» XXIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B)
Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli.
Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente.
E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».
Commento a cura di Marco Orrù
«Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano». Credo che tutti noi abbiamo incontrato in qualche circostanza un sordomuto.
Personalmente ne conosco alcuni e solo cercando di entrare in relazione con loro, ho capito che in realtà la maggior parte sono affetti dalla limitazione fisica della sordità da cui consegue il mutismo.
È ciò che succede anche a noi quando, sordi alla parola del Signore, non riusciamo a parlare di Lui sperimentando il mutismo spirituale.
Diversi anni fa, una mamma di una ragazza sordomuta mi si avvicinò alla fine della Messa per dirmi che la sua figlia faceva fatica a seguire la Liturgia della Parola e che le sarebbe stato utile avere un aiuto per poter seguire al pari degli altri le letture della domenica.
Qualche giorno dopo le consegnai il messalino festivo, uno dei regali più belli e significativi che mi sia capitato di fare nella mia vita da sacerdote.
In alcune celebrazioni liturgiche, particolarmente in occasione di matrimoni e funerali, ho avuto la sensazione di trovarmi davanti ad un’assemblea di sordomuti.
I partecipanti, «non praticanti», sembravano non comprendere il linguaggio per loro estraneo, trincerandosi nel mutismo.
Ma è proprio in queste circostanze che il compito del sacerdote diventa decisivo, facendosi loro vicino con il dono della Parola.
Forse non riusciranno a entrare nel mistero che si sta celebrando, ma se si riesce a trasmettere con l’omelia le parole giuste, semplici, immediate, capaci di «aprire» il cuore all’ascolto, si può generare in loro il desiderio della vita buona del Vangelo che è Gesù Cristo e l’incontro con la sua Persona.
Per altro il rischio dei «praticanti» è quello di ritenere ripetitiva e scontata la Parola già udita tante volte, fino a causare la chiusura degli orecchi e del cuore e a impedirci l’incontro Gesù.
Desideriamo e ricerchiamo relazioni autentiche, reali, fatte di gesti e di parole che ci rassicurino, che ci accompagnino e ci indichino la direzione giusta da dare alla nostra vita.
Eppure tanta parte delle nostre relazioni si consuma nei canali virtuali, che garantiscono una sufficiente distanza di sicurezza con i nostri interlocutori, ma che spesso generano incomprensioni, che conducono alla chiusura definitiva della comunicazione.
Siamo sempre connessi, ma non si sa con chi e con che cosa, non sopportiamo il silenzio e se il cellulare non dovesse squillare o ricevere messaggi per qualche ora, entriamo nella sindrome di abbandono «nessuno mi sta pensando».
Gesù si fa vicino, «lo prese in disparte». Pensiamo alle tante occasioni che Gesù ci offre per comunicarci la sua vita, la sua parola, il suo amore. Desidera imporci la mano e con l’effusione dello Spirito farci dono della sua misericordia. L’incontro personale con Gesù ci permette di ascoltarlo, di dialogare con Lui e parlare «correttamente» di Lui.
Possiamo raccontare in maniera credibile solo ciò che abbiamo sperimentato personalmente di Gesù, nell’intimità dell’ascolto che si fa riflessione meditata e preghiera.
«E comandò loro di non dirlo a nessuno». Il valore aggiunto di questa comunicazione non è dato dall’esposizione nella pubblica piazza mediatica di tutto ciò che ci riguarda, fossero anche tutte le cose buone e belle che attraversano la nostra vita e che abbiamo condiviso con altri, ma dalla vicinanza concreta e discreta che riusciamo ad intessere con le persone che il Signore ci pone accanto.
Ci rimettiamo in cammino, con la fiducia che tutto possa essere custodito nel cuore di chi ha risposto all’invito di Gesù che ripete ancora per ciascuno di noi fin dal giorno del battesimo: «Effatà!».
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