Gesù chiamò a sé i Dodici e li mandò a due a due
XV Domenica del Tempo Ordinario (Anno B)
Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, Gesù chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri.
E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; ma di calzare sandali e di non portare due tuniche.
E diceva loro: «Dovunque entriate in una casa, rimanetevi finché non sarete partiti di lì.
Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro».
Ed essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse, scacciavano molti demoni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano.
Commento a cura di Walter Onano
Nel brano evangelico di questa XV Domenica del Tempo Ordinario ci viene riferito che Gesù sa perfettamente che, al di là della parola, vi è un altro elemento non meno importante, senza il quale l’opera evangelizzatrice non avrebbe alcun effetto: la testimonianza dei suoi discepoli.
Il Maestro, per la prima volta, invia i suoi apostoli in missione di evangelizzazione.
Egli vuole che essi facciano, sotto la sua direzione, l’esperienza di quella che sarà la loro vita di pescatori di uomini.
Egli pensa che essi abbiano capito che ciò che ha condiviso con loro non è destinato solo a loro.
L’insegnamento che hanno ricevuto, non è riservato per un piccolo gruppo di iniziati privilegiati.
Un giorno essi dovranno «andare per tutto il mondo e predicare il vangelo ad ogni creatura» (Mc 16,15).
Questa evangelizzazione deve sgorgare dall’abbondanza del cuore, dal bisogno di condividere le «ricchezze» che hanno ricevuto.
Poiché essi non sono dei propagandisti, ma dei testimoni.
Non sono degli stipendiati, ma dei volontari: «Ciò che avete ricevuto gratuitamente, datelo gratuitamente» (Mt 10,8).
Il mandato missionario va vissuto tenendo presenti due elementi fondamentali.
Il primo: nei discepoli opera Gesù stesso, poiché solo il Maestro può rendere nuovo il mondo; in loro gli uomini sono chiamati ad accogliere Gesù.
Poi, il mandato missionario va vissuto nell’adesione alla sua volontà, nella povertà e nell’obbedienza.
Solo così si potrà seminare nei fratelli la speranza che viene da Dio e che rigenera il cuore umano.
I discepoli sono la trasparenza vivente della generosità divina che vuole rigenerare il volto di ogni uomo e vuole comunicare il vero significato della vita.
Sono inviati a due a due, secondo l’uso giudaico del tempo, praticato in seguito anche dalla prima comunità cristiana.
Marco non dice dove devono andare, che cosa fare o dire; mentre è nel Vangelo di Matteo che troviamo notizie su questo aspetto.
Gesù istruisce i suoi sul requisito essenziale dell’inviato, che consiste nell’emancipazione da ogni vincolo e bisogno, e nella totale disponibilità al compito assegnato. L’apostolo va garantito unicamente su Dio.
E neppure è assicurato il successo della missione: ma l’eventuale fallimento o rifiuto vanno a carico dei destinatari della missione.
Il gesto proverbiale di scuotere la polvere dai sandali sulle città non accoglienti, esprime bene la serietà della missione.
Infatti, accettare o rifiutare l’inviato è la condizione per stabilire oppure rompere la nuova solidarietà di salvezza.
L’esperienza degli Apostoli si concentra, dunque, nello «Stare con Gesù ed essere inviati».
Questi due aspetti si condizionano reciprocamente, perché si agisce (= missione) crescendo (= stare con Gesù) e si cresce (= stando) agendo (= missione).
Fede e impegno costituiscono un tutto unico, come l’anima con il corpo.
La testimonianza, dunque, è l’elemento discriminante per capire se ci si trova di fronte a veri discepoli, che vivono in prima persona quanto predicano poi agli altri.
Spesso la Chiesa viene accusata di non essere veramente di esempio e modello di vita evangelica nel mondo.
Non dobbiamo dimenticare, però, che la Chiesa siamo noi, e quindi non possiamo puntare il dito su ciò che non va, se prima non abbiamo emendato la nostra vita da tutto ciò che è incompatibile con il messaggio del Vangelo.
Il Signore manda anche noi a lavorare nella sua vigna, per cui è importante ricordare che anche noi siamo chiamati a dare testimonianza credibile e coerente del suo amore.
© Copyright Il Portico