Esame di maturità: da tutti promossi a«non ammesso»
La Sardegna ha il numero molto alto di non ammessi all’esame di fine ciclo.
Oltre il doppio della media nazionale.
La Sardegna è balzata agli onori della cronaca per il numero molto alto di non ammessi all’esame di maturità: l’8,5 per cento, contro il 3,8 per cento del resto d’Italia.
Nell’Isola sono stati 13.264 in totale quelli chiamati dal 14 giugno scorso a sostenere l’esame, con la formula solo orali causa pandemia.
Rispetto ai 12.680 del 2020, quest’anno le maturande e i maturandi sardi sono stati 600 in più.
Numeri che certificano una serie di problemi nella scuola sarda, oltre a quello relativo al pesante tributo in termini di abbandoni scolastici.
A pesare sul dato delle mancate ammissioni anche l’uso non consono della famigerata didattica a distanza: in molti, nei mesi di clausura nelle proprie abitazioni, hanno pensato bene di oscurare la telecamera e di rimanere connessi solo con l’audio.
Le regole però erano chiare: connessione audio – video per poter segnare la presenza.
A questo si sommano poi i problemi nelle connessioni e nella disponibilità di computer e tablet per lezioni a distanza: un desolante quadro delle disfunzioni del sistema scolastico in tempo di pandemia.
Se lo scorso anno il mantra più diffuso era quello di evitare bocciature e mancate ammissioni, viste le condizioni di palese svantaggio nelle quali gli studenti avevano dovuto operare, quest’anno invece tutto si è risolto con una applicazione sistematica dei criteri previsti, senza che si tenesse conto delle difficoltà oggettive di tanti ragazzi e ragazze chiusi in casa, costretti, spesso, a condividere con altri componenti della famiglia il debole segnale della rete o l’unico computer a disposizione.
Il direttore dell’Ufficio scolastico regionale, Francesco Feliziani, in un’intervista all’Agi sottolinea che per un’analisi accurata del dato «bisognerebbe prendere in considerazione anche la percentuale dei docenti precari e di ruolo, il tasso di scopertura, il dato di rotazione degli insegnanti rispetto alle singole scuole e gli interventi di supporto scolastico da parte delle regioni o la presenza di formazione professionale».
Secondo Feliziani andrebbe presa in considerazione anche una serie di fattori, quali «il tasso di spopolamento, quello di industrializzazione, di disoccupazione, il dato medio pro capite, la percentuale di copertura dei servizi e il digital divide».
L’analisi del Direttore scolastico regionale mostra come la scuola in Sardegna sia in grave sofferenza: alle carenze infrastrutturali dal punto di vista informatico, alla ridotta alfabetizzazione informatica di docenti e alunni, alla mancanza di un sistema di rinforzo nelle carenze che gli alunni manifestano, alle criticità sulla dislocazione dei plessi, si aggiungono i problemi dal punto di vista psicologico che, sia docenti che allievi, hanno dovuto affrontare nell’anno di didattica a distanza.
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), approvato dalla Commissione Europea, chiede un balzo in avanti nelle competenze dei giovani del Vecchio Continente.
Senza un’adeguata formazione non sarà possibile avviare alcune delle azioni previste e la Sardegna rischia di rimanere indietro rispetto ad altre zone della Penisola e dell’Europa.
La scuola sarda necessita di una «cura da cavallo» per evitare che l’Isola resti ai margini dei processi di sviluppo. Più risorse per la scuola e la formazione: solo così si eviterà di finire all’ultimo banco della classe.
Roberto Comparetti
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