Educare per umanizzare il mondo e la storia
Un patto «educativo» tra famiglie, scuola, parrocchie e associazioni per superare l’emergenza educativa
Sono trascorsi 15 anni da quel 7 settembre 2008, quando Benedetto XVI si fece pellegrino a Nostra Signora di Bonaria.
Una visita carica di emozioni e importanti pronunciamenti, come quello relativo al concetto di emergenza educativa, di cui aveva già parlato nei mesi precedenti in una lettera alla diocesi di Roma.
A Cagliari, rivolto ai giovani nel largo Carlo Felice, papa Ratzinger ricordava come «la crisi di una società inizia quando essa non sa più tramandare il suo patrimonio culturale e i suoi valori fondamentali alle nuove generazioni».
«Non mi riferisco solo e semplicemente al sistema scolastico», ammoniva il Papa.
«La questione è più ampia. C’è, lo sappiamo, un’emergenza educativa, che per essere affrontata richiede genitori e formatori capaci di condividere quanto di buono e di vero essi hanno sperimentato e approfondito in prima persona».
A distanza di tre lustri la cronaca quotidiana ci restituisce le conseguenze di quell’emergenza denunciata da Benedetto XVI.
Non c’è giorno che passi nel quale minori e adolescenti non si rendano protagonisti di fatti di cronaca.
Per arginare quest’onda, che sembra sempre più montare, servono misure preventive, come amava ricordare San Giovanni Bosco.
«L’educazione è cosa di cuore: tutto il lavoro parte da qui, e se il cuore non c’è, il lavoro è difficile e l’esito è incerto», diceva il fondatore dei salesiani.
«Che i giovani non solo siano amati, ma che essi stessi conoscano di essere amati».
Da questo assunto prende avvio l’azione educativa, che deve affiancare anche quella di contrasto ai fatti criminali.
L’una non può prescindere dall’altra.
In questa azione giocano un ruolo importante le agenzie educative: famiglia, scuola, parrocchie e società sportive.
Senza un «patto educativo» tra questi soggetti, il rischio è che i ragazzi e le ragazze, anche in tenera età, risultino privi di figure di riferimento, in particolari contesti, nei quali degrado e criminalità tengono in scacco zone del nostro Paese.
Qualunque misura legislativa rischia di essere insufficiente se non accompagnata da un nuovo modello culturale, che consideri l’educazione, come ha evidenziato papa Francesco nel video-messaggio ai partecipanti al «Global Compact on Education», «una delle vie più efficaci per umanizzare il mondo e la storia».
Domenica scorsa a Cagliari 4 giovanissimi sono morti e due sono rimasti gravemente feriti in un incidente stradale.
La prematura scomparsa ha suscitato una forte emozione in tanti e per questo, come ha scritto l’Arcivescovo Baturi in un messaggio, occorre «un crescente impegno di testimonianza e di sostegno per i nostri ragazzi nel condividere con loro il senso vero, bello e sacro della vita».
Testimoni, non maestri, ripeteva San Paolo VI, evidenziando quanto la vita sia sacra e vada spesa per una felicità che duri.
«La vostra felicità – ha detto Francesco ai giovani nel 2016 al Giubileo dei Ragazzi – non ha prezzo e non si commercia; non è una “app” che si scarica sul telefonino: nemmeno la versione più aggiornata potrà aiutarvi a diventare liberi e grandi nell’amore».
A famiglie, scuole, parrocchie, società sportive il compito dunque di aiutare i giovani a scoprire la bellezza del dono della vita.
Roberto Comparetti
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