Chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni

XXX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO A)

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: «Avverrà come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì.

Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro. Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”». 

(Mt 25,14-30)

Commento a cura di Carlo Rotondo 

Penultima domenica dell’anno liturgico. Nuova parabola dove Gesù dice ai discepoli quale sarà la trama del film della vita: «Avverrà… come…!». Intanto è bene soffermare la nostra attenzione sul verbo «avverrà»: forte! Non è un’ipotesi né una possibilità ma una certezza.

I discepoli hanno lasciato tutto per seguirlo e la passione si avvicina. Gesù sa benissimo che dopo che verrà arrestato e condannato i suoi discepoli saranno assaliti dai dubbi, dallo sconforto e dalle paure. E allora ecco che regala loro una certezza: «avverrà…».

I protagonisti della parabola: un uomo che parte per un viaggio e i suoi 3 servi a cui, in partenza, consegna i suoi beni. L’uomo in viaggio è Dio. Interessante l’immagine.

Dio non è una specie di Toro seduto che se ne sta comodamente appavonato nel suo palazzo, servito e reverito dai suoi schiavetti. È un Dio in movimento, che viaggia. È un Dio che affronta il più lungo e il più complicato dei viaggi: entrare nel cuore dell’uomo.

Il viaggio è l’immagine stupenda dell’incarnazione. Quest’uomo ha 3 servi, che lui tratta come veri amici, tant’è che affida loro i suoi beni. Importante l’articolo determinativo plurale. Affida loro tutti i suoi beni. Non una parte… tutti!

È l’immagine bellissima della creazione: gli uomini sono dei servi che Dio tratta da veri amici e tutto ciò che possediamo sono i Suoi beni che Lui ci ha affidati. È sotteso il pensiero che tutto è dono non possesso.

La vita, le cose, le persone, la natura, sono un regalo , un bene che ci è stato affidato da un Altro: chiamalo Dio, chiamalo destino, chiamalo come vuoi…l’importante che non ti senta tu Dio!

Dopo molto tempo, quando meno quei servi se l’aspettano, senza preavviso, quell’uomo ritorna dal viaggio e si mette a fare i conti con i suoi servi. Non è un uomo che fa i conti da solo, di nascosto ma li fa con i suoi 3 servi. Non chiama altri «commercialisti» ma fa i conti con i suoi tre servi: cuore a cuore. Perché sono conti che si fanno tra persone che si vogliono bene.

C’è una splendida battuta della poetessa Ada Merini: «il peggior peccato e fare del male a chi ti vuol bene». Dio non è un «esattore di tasse» né un «doganiere» ma un padre innamorato dei suoi figli e quando giudica non usa la calcolatrice ma il cuore… e lascia parlare il cuore dei figli: «Ecco i tuoi talenti …».

Ad uno diede 5 talenti, ad un altro 2 all’ultimo 1. Non perché è un Dio ingiusto ma semplicemente Lui affida i doni in base alle forze di ciascuno. Perché Lui conosce i suoi servi uno per uno e non li carica oltre le loro forze.

E ora sono seduti l’uno davanti all’altro: l’uomo e i suoi 3 servi.

E ogni servo parla. Il primo: ecco 10 talenti! Il secondo: ecco 4 talenti! Arriva l’ultimo servo: amato come il primo, anzi forse un pochino di più perchè magari era più fragile ed è per quello che gli aveva affidato un solo talento: ecco il tuo talento!

Che errore tremendo: pensava ad un Dio-padrone e anziché vedere l’amore del suo signore ne vedeva solo la sua durezza.

Aveva tradito la fiducia del suo signore. Aveva pensato che il suo signore avesse un cuore di pietra. Perciò stava restituendo il dono al mittente. Un pacco regalo mai aperto, nascosto.

Come me l’hai dato te lo rendo, senza nemmeno aprirlo, nuovo, nuovo! Che tristezza! Aveva basato il suo rapporto con Dio sulla paura e non sull’amore. E così anziché vivere aveva vivacchiato.

Un proverbio arabo dice: «Anche un asino può recarsi alla Mecca ma non per questo è un pellegrino». 

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