Ho avuto paura e ho nascosto il tuo talento sotto terra XXXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO A)
Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: «Avverrà come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì.
Subito colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone.
Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro.
Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”.
Si presentò poi colui che aveva ricevuto due talenti e disse: “Signore, mi hai consegnato due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”.
Si presentò infine anche colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: “Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo”.
Il padrone gli rispose: “Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”».
Commento a cura di Franco Puddu
Domenica scorsa, con la parabola delle dieci vergini, abbiamo accolto l’invito alla vigilanza paziente, nella pagina evangelica di questa domenica ci viene indicato di passare concretamente dalle buone intenzioni ai fatti: domenica prossima saranno elencati quali fatti avranno valore nel giudizio finale.
Nella parabola odierna è apprezzato chi ha scommesso sulle risorse ricevute a disposizione da Dio, vivendo la vita con impegno, operatività e inventiva. Chi invece si limita a mantenere il proprio talento tale quale, senza correre rischi, mantenendo al sicuro il denaro, credendosi giusto perché può ridare al padrone quanto ha ricevuto, non si può dire altro che «improduttivo»: rassomiglia agli scribi e ai farisei osservanti scrupolosi della Legge, che, a tale precisione, hanno associato la pretesa di salvezza, costruendosi di fatto un dio bottegaio del «do ut des», del tanto-quanto!
Anche noi non rispondiamo di buon grado a un’attestazione d’affetto rigidamente calcolato, freddo e fissato sulle regole, senza originalità e inventiva. Preferiamo sentirci destinatari di un amore illimitato, sempre aperto alla novità e alla generosità, allo sviluppo della qualità della relazione. Perché Dio dovrebbe essere diverso da noi? Al gesto di fiducia del padrone, che consegna i «suoi» beni, vi può corrispondere l’apertura e la generosità dei servi che guadagnano su tali beni come siano di loro proprietà: l’ultimo sviluppo di tale attività è la partecipazione piena alla gioia del padrone! Accontentandoci invece di una fede servile, chiusa nei limiti del rispetto delle regole, quasi un album da riempire per ritirare il premio, non facciamo altro che rassomigliare al servo «pigro» che intende mantenere intatto il talento a disposizione.
Sempre valido l’invito che papa Francesco, nella «Evangelii gaudium» propone alla Chiesa, quanto all’uscire da una pastorale di conservazione per intraprendere iniziative di missione: «Spero che tutte le comunità facciano in modo di porre in atto i mezzi necessari per avanzare nel cammino di una conversione pastorale e missionaria, che non può lasciare le cose come stanno. Ora non ci serve una semplice amministrazione» (Eg 25). «Osiamo un po’ di più di prendere l’iniziativa!» (Eg 24).
© Copyright Il Portico