Venite in disparte, voi soli e riposatevi un po’
XVI Domenica del Tempo Ordinario (Anno B)
Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e quello che avevano insegnato. Ed egli disse loro: «Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’».
Erano infatti molti quelli che andavano e venivano e non avevano neanche il tempo di mangiare.
Allora andarono con la barca verso un luogo deserto, in disparte. Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città accorsero là a piedi e li precedettero.
Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose.
Commento a cura di Walter Onano
Il brano evangelico di questa XVI Domenica del Tempo Ordinario precede il primo racconto della moltiplicazione del pane e presenta il rapporto di intimità tra Gesù e i suoi discepoli; infatti troviamo il Maestro che vuole fare il punto della situazione al ritorno dalla loro prima missione apostolica.
Gesù si interessa a ciò che avevano insegnato e fatto, poiché l’apostolo deve trasmettere fedelmente la parola che gli è stata affidata, e con la sua condotta deve rendere testimonianza alla verità che insegna.
Essi hanno faticato molto e hanno bisogno di riposarsi. Gesù infatti dice: «Venite in un luogo solitario in disparte e riposatevi un po’».
Ma essi dovevano imparare altre lezioni. Innanzitutto che l’apostolo non è uno stipendiato a ore fisse, con vacanze pagate e premi di lavoro straordinario.
No, l’apostolo è un volontario, una persona assolutamente donata.
Ed ecco allora che la gente arriva, aspetta una parola.
Non avevano neanche più il tempo di mangiare commenta l’evangelista Marco.
Essi dovevano prima imparare ad avere lo sguardo apostolico.
Lo stesso sguardo che ha Gesù sulle donne e sugli uomini che si stringono attorno a loro.
Gesù, dice il Vangelo di oggi, ed è un’espressione bellissima, si commosse per loro, perché erano come pecore che non hanno pastore.
Molte persone si trovano nella convivenza umana come semplici oggetti, gli uni accanto agli altri, in una neutralità emotiva che sa di cose materiali e non di esseri viventi.
In una simile realtà relazionale tra gli uomini vige reciproca ignoranza, estraneità, indifferenza, dove ognuno è nessuno per gli altri, ma soltanto anonima folla nel deserto della massa, del mucchio.
Lo spirito missionario, invece, nasce da un certo sguardo sulle persone. Uno sguardo che non si ferma alle apparenze.
Uno sguardo che indovina i bisogni nascosti: non solo i bisogni materiali, la sete d’amore, le angosce segrete, ma anche e soprattutto il bisogno di Dio e la sua salvezza.
Ci possono essere molti modi di guardare una folla.
Pensiamo come gli uomini d’affari vedono la folla: come dei consumatori; a volte si guarda la folla come degli ascoltatori, come degli spettatori, come dei fan, tutti sguardi che riducono gli altri solo al profitto che si può ricavare da loro.
L’apostolo invece deve apprendere una lezione diversa da parte del Maestro: e come scriveva il santo papa Giovanni Paolo II nella sua prima enciclica «Redenptoris Hominis», al numero 14:
«Quella di vedere l’uomo nella sua singolare realtà, che ha una propria storia della sua vita e soprattutto una propria storia della sua anima. L’uomo nella piena verità della sua esistenza. Quest’uomo è la via della Chiesa».
Allora ogni persona nella sua individualità è chiamata ad entrare dentro il cammino, che la Chiesa e che il suo Pastore, il Buon Pastore, ha tracciato per ciascuno.
Quante persone al mondo oggi sono come delle pecore senza pastore. Dare loro del pane diviene facile, offrire loro servigi, soprattutto se ci si sente ripagati con una affettuosa riconoscenza è altrettanto facile.
Ma «dare Dio» è il privilegio di coloro che si sanno amati da Dio e che amano gli altri in Gesù.
Lo specifico dell’apostolo, di ogni cristiano, di ogni battezzato, allora, è il volto dell’altro che mi interroga, vedendo in quel volto lo sguardo stesso di Cristo.
Come Gesù, che si commuove e insegna ai suoi discepoli a guardare il prossimo, con quello che è lo sguardo di Dio, così anche noi, oggi, siamo chiamati a imparare la lezione della compassione del Maestro, avendo uno sguardo d’amore e di compassione verso gli altri.
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