Comunicare il Vangelo in una diocesi che cambia

Domenica si celebra la 55ma Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali

La Conferenza episcopale italiana nel 2001 propose gli orientamenti pastorali del primo decennio del nuovo secolo con un titolo che era una vera e propria esortazione: «Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia».

Il tema della comunicazione, in tutti i suoi molteplici aspetti, entrò dentro la pianificazione del cammino ecclesiale della nostra chiesa nazionale e sfociò in un altro fondamentale documento: «Comunicazione e Missione. Direttorio sulle comunicazioni sociali nella missione della Chiesa». 

Erano i primi passi verso un nuovo modo di vivere la comunicazione non solo nella Chiesa ma innanzitutto nell’ampio panorama di un mondo sempre più globalizzato.

Proprio negli ultimi anni di quel decennio, grazie alle crescenti potenzialità della rete, si diffuse l’interazione attraverso i social media che trasformarono ogni singolo utente da fruitore comunicativo ad un vero e proprio operatore della comunicazione, con tutte le potenzialità e i limiti che questo, ancora oggi, potrebbe comportare.

Sono trascorsi vent’anni.

Un tempo lungo e ricco di ulteriori trasformazioni culturali, sociali e comunicative.

Due decenni nei quali anche la Chiesa non ha esitato a sperimentare e a valorizzare quanto di nuovo poteva essere utilizzato nel suo impegno di evangelizzazione e di animazione della comunità.

E papa Francesco, al termine di questo percorso ventennale, nel suo messaggio per la Giornata mondiale delle comunicazioni propone due elementi molto significativi, soprattutto per comprendere la realtà comunicativa messa in atto nella comunità ecclesiale.

In un passo del suo messaggio possiamo facilmente cogliere questi due aspetti:

«La crisi dell’editoria rischia di portare a un’informazione costruita nelle redazioni, davanti al computer, ai terminali delle agenzie, sulle reti sociali, senza mai uscire per strada, senza più “consumare le suole delle scarpe”, senza incontrare persone per cercare storie o verificare de visu certe situazioni.

Se non ci apriamo all’incontro, rimaniamo spettatori esterni, nonostante le innovazioni tecnologiche che hanno la capacità di metterci davanti ad una realtà aumentata nella quale ci sembra di essere immersi».

Il primo elemento è la «crisi dell’editoria», esplicitamene richiamata dalle parole del Pontefice.

In un tempo di profondi mutamenti le crisi sono sempre inevitabili, ma anche necessarie, perché stimolano il superamento di visioni nostalgiche e radicate nel passato per programmare e vivere più efficacemente il futuro.

Oggi i media, anche quelli ecclesiali, devono essere pronti a compiere un salto decisivo verso una modalità comunicativa che sappia valorizzare le molteplici possibilità che, soprattutto la rete, mette a disposizione.

L’attuale contesto ci sta facendo sempre più comprendere che i media sono efficaci se instaurano tra loro una circolarità divulgativa, creando forme di sinergie ormai imprescindibili.

L’azione comunicativa, oggi, non può fare a meno della «multicanalità», cioè della valorizzazione di tutto quell’ampio spettro di mezzi di diffusione: stampa classica, radio, siti internet, social media, tv e produzioni video.

Ma il passo ancora più importante è stabilire una nuova gerarchia tra questi canali a disposizione.

È ormai assodato che la stampa classica ha cessato di essere il «sovrano assoluto» della comunicazione, tanto più se si dovesse tener fuori da altri circuiti ormai pervasivi e, in primis, dalla rete internet.

Ma veniamo, concludendo, al secondo elemento della riflessione di Francesco.

La comunicazione è veramente sempre nuova ed efficace non tanto e non solo per l’aggiornamento tecnologico dei mezzi, seppur necessario, ma per quella capacità di entrare come operatori della comunicazione dentro la storia vera delle persone, «consumando le scarpe» e «verificando de visu» i contenuti da divulgare.

E questa è una «non-novità» per un giornalista o per qualsiasi addetto a un servizio di informazione che, per essere veramente e onestamente tale, non potrà mai rinunciare a questo stile di lavoro.

Dal messaggio del Pontefice deriva uno stimolo fondamentale anche per il percorso di rinnovamento comunicativo nella nostra chiesa diocesana che ormai i tempi impongono.

Don Giulio Madeddu – Direttore Ufficio diocesano Comunicazioni sociali

RIPRODUZIONE RISERVATA
© Copyright Il Portico