Libertà e vita legame inscindibile da difendere
Riflessioni attorno al Messaggio dei Vescovi per la 43ma Giornata della Vita
Correva la fine dell’anno 1978 quando il Consiglio Permanente della CEI propose di celebrare ogni anno, la prima domenica di febbraio, una «Giornata in difesa della vita».
Scopo di tale “Giornata», era detto, è di «educare all’accoglienza della vita e di combattere l’aborto e ogni forma di violenza esistente nella società contemporanea».
Infatti, il 1978, in particolare il 22 maggio, con l’approvazione della legge 194, costituì per il nostro Paese l’avvio della legalizzazione dell’aborto.
Dalla prima «Giornata», celebrata il 4 febbraio 1979 (il tema era «La vita umana è sacra»), sono passati dunque 42 anni, segnati dal costante richiamo dei Vescovi italiani per una efficace risposta pastorale della Chiesa ad una legge dalle conseguenze mortifere.
La pandemia causata dal coronavirus condiziona anche la tematica scelta per la 43a Giornata: «Libertà e vita».
Infatti i quesiti da cui muove la riflessione proposta dal messaggio sono: «Qual è il senso della libertà?
Qual è il suo significato sociale, politico e religioso?
Si è liberi in partenza o lo si diventa con scelte che costruiscono legami liberi e responsabili tra persone?
Con la libertà che Dio ci ha donato, quale società vogliamo costruire?».
I Vescovi italiani si interrogano sul senso della libertà con particolare riferimento all’esperienza imposta dalla pandemia.
Specialmente nei giorni del lockdown è stata percepita fortemente da tutti una libertà personale limitata, privata, condizionata, talvolta si è perfino detto «conculcata» o «calpestata».
Ma anche «quanta reciprocità abbiamo respirato, a riprova che la tutela della salute richiede l’impegno e la partecipazione di ciascuno; quanta cultura della prossimità, quanta vita donata per far fronte comune all’emergenza!».
Alla luce di tale esperienza si può considerare il significato di libertà tenendo presenti le tre forme in cui si può manifestare.
La «libertà di» è quella più comunemente nota, e alla quale in genere ci riferiamo quando si parla di libertà.
Ma essere liberi non si esaurisce e non coincide con la possibilità di fare qualunque cosa o di poter disporre di un «di più» (più beni di consumo, più canali televisivi, più connessione).
Essere liberi non si esaurisce e non coincide neppure con la possibilità di scelta di abortire, di rifiutare certe terapie mediche, o magari anche di rifiutare il vaccino.
Non si esaurisce e non coincide neppure con un pieno esercizio della libertà di culto.
Esistono infatti altre due forme importantissime di libertà: la «libertà da» e la «libertà per».
La «libertà da» indica tra le altre cose l’affrancamento e l’emancipazione da costrizioni di carattere economico e da limiti allo sviluppo delle nostre potenzialità.
Per questo motivo essa rappresenta un tema caro a coloro che lottano contro le diseguaglianze, per l’accesso ai diritti degli ultimi.
Il concetto di «libertà da» si estende anche all’affrancamento da forme di dipendenza.
Oltre a quelle più tradizionali esistono oggi forme di dipendenza nuove e insidiose, come la ludopatia e la dipendenza dalla rete. Senza tralasciare la «libertà da» malattia, dalla sofferenza, …dal coronavirus.
Infine la «libertà per» indica la decisione volontaria di chi sceglie di dedicare le proprie energie, tempo, risorse a un obiettivo ideale alto.
La «libertà per» è il vero segreto della felicità, la quale si sperimenta quando si fa dono di sé al prossimo, come il vangelo di Gesù Cristo ci insegna.
Come non pensare, a tal proposito, ai tanti che durante la pandemia hanno ri-donato letteralmente vita, serenità, soccorso, proprio ben esercitando la loro «libertà per» (personale sanitario, volontari).
A ben pensarci, scrivono i Vescovi, «la vera questione umana non è la libertà, ma l’uso di essa».
Ecco perché la Giornata può contribuire a sensibilizzare tutti al valore dell’autentica libertà, nella prospettiva di un suo esercizio a servizio della vita: la libertà non è il fine, ma lo «strumento» per raggiungere il bene proprio e degli altri.
Al contrario, secondo la CEI, «una cultura pervasa di diritti individuali assolutizzati rende ciechi e deforma la percezione della realtà, genera egoismi e derive abortive ed eutanasiche, interventi indiscriminati sul corpo umano, sui rapporti sociali e sull’ambiente».
Una libertà «malata» «rende insostenibile la vita, costruisce case in cui non c’è spazio per la vita nascente, moltiplica solitudini in dimore abitate sempre più da animali ma non da persone».
Perciò l’asse che unisce libertà e vita è la responsabilità, la quale è disponibilità all’altro e alla speranza, è apertura all’Altro e alla felicità.
Responsabilità intesa come andare oltre la propria libertà per accogliere nel proprio orizzonte la vita di altre persone.
Tra le iniziative a favore della vita e della vera libertà, quanto bene possono fare le famiglie che si aprono all’adozione o all’affido di minori, perché, lo ricorda il Papa, «la famiglia è la prima scuola dei valori umani, dove si impara il buon uso della libertà» (AL 274).
Don Paolo Sanna – Docente di Bioetica Facoltà teologica
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