«Amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita». Dialogo di coppia: permesso, grazie, scusa

Papa-Francesco-IIl giorno del nostro matrimonio abbiamo promesso che ci saremmo impegnati affinché l’altro si sentisse amato e fiero d’essere nostro coniuge tutti i giorni della vita. Se riuscissimo a vivere questa promessa, il nostro coniuge non dovrebbe avere alcuna difficoltà  a chiederci un parere, a condividere le sue preoccupazioni, le sue gioie, tutti quei sentimenti che le relazioni con il mondo esterno innescano in ogni uno di noi. Altrettanto non dovrebbe avere alcuna difficoltà ad ascoltare il nostro «sentire», i nostri sentimenti. Saprebbe sempre su chi poter far affidamento, su chi poter contare.

Proveremmo gioia nel condividere un qualunque evento che inneschi ricordi ed esperienze che accomunano, che creano quel clima di complicità all’interno della coppia. Gioia nel far sentire l’altro importante nel confidargli le avventure/disavventure della giornata, gioia nel confidarsi i sentimenti positivi o negativi che si vivono giorno per giorno. Onorare l’altro non significa accettarlo supinamente e magari anche  quando non si è d’accordo, perché ognuno di noi ha un suo bagaglio che si porta appresso dalla propria adolescenza, dalla propria famiglia, ognuno di noi è diverso e la diversità porta ad una serie di contrasti ed attriti. Gli sposi son diversi: per Lui sovente non esiste «un problema», quelli di ieri son passati, quelli di domani li affronterà. Quelli presenti, se son risolvibili, non fanno più problema. Se non sono risolvibili è inutile che se li ponga come tali. Le donne, invece, spesso, se intravedono un problema ci si buttano a capofitto. Loro non parlano del «problema», loro condividono tutte le pieghe dell’evento che ha generato il quesito finale: «il problema». Tutto questo per dire che gli sposi sono  diversi. Bisogna prendere atto che siamo diversi e accoglierci nella diversità.

Allora ci accorgeremmo che tante piccole frustrazioni quotidiane non derivano da grandi conflitti di coppia, ma semplicemente dal mancato controllo dell’egoismo che non permette di condividere lo stato d’animo dell’altro. Di fronte a uno stesso evento lo stato d’animo dell’altro è diverso dal nostro: non c’è uno che ha ragione e l’altro torto, siamo semplicemente diversi.

Il rischio è che, se dopo un «evento» resta la difficoltà a condividere i sentimenti dell’altro, le successive difficoltà si sovrapporranno sino a creare uno stato di incomprensioni tale che le micro frustrazioni diventeranno divario sempre più accentuato che porterà, prima uno e poi l’altro, a cercare in altre persone quella condivisione che non trovano più nel coniuge.

Per semplificarci la vita vorremmo che fosse l’altro a modificare il suo atteggiamento, ma questo scivolerebbe velocemente nel plagiare l’altro, altro che accogliere l’altro. In questo contesto le parole del Santo Padre «permesso, grazie, scusa» prendono un significato tutto particolare, non di semplice cortesia e gentilezza, ma di profonda accoglienza e condivisione.

Immacolata ed Efisio Marcia

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