La speranza del «dopo di noi»

dopodinoiUn segno di speranza. La cosiddetta «Legge del dopo di noi», approvata di recente dalla Camera, è un passo in avanti per l’integrazione e la tutela dei soggetti deboli, come le persone con disabilità. Il provvedimento prevede per i destinatari «misure di assistenza, cura e protezione si legge sul sito del Governo – nel superiore interesse delle persone con disabilità grave, non determinata dal naturale invecchiamento o da patologie connesse alla senilità, prive di sostegno familiare in quanto mancanti di entrambi i genitori o perché gli stessi non sono in grado di fornire l’adeguato sostegno genitoriale, nonché in vista del venir meno del sostegno familiare, attraverso la progressiva presa in carico della persona interessata già durante l’esistenza in vita dei genitori».

Da tempo le associazioni che tutelano i diritti dei disabili chiedevano un intervento legislativo per far sì che, una volta scomparsi i genitori, i figli disabili avessero una qualche forma di tutela.

Lo scorso 11 giugno papa Francesco davanti a 650 partecipanti al Convegno per persone disabili promosso dalla Cei, in occasione dei 25 anni del Settore catechistico a loro dedicato aveva ricordato come «la diversità è una sfida che ci fa crescere: occorre donarsi reciprocamente senza paura e in una comunità serve sviluppare la pastorale dell’ascolto e dell’accoglienza».

Accogliere senza avere paura della diversità è dunque l’invito del Santo Padre e l’«Instrumentum laboris» del recente Sinodo sulla famiglia conteneva indicazioni su questo provvedimento.

Al numero 21 del capitolo 3 si legge infatti: «Va considerata la sfida cosiddetta del “dopo di noi”: pensiamo alle situazioni familiari di povertà e solitudine, o al recente fenomeno per cui, nelle società economicamente più avanzate, l’allungarsi dell’aspettativa di vita consentirà alle persone con disabilità di sopravvivere, con alta probabilità, ai loro genitori. Se la famiglia riesce ad accettare con occhi di fede la presenza nel suo seno di persone con disabilità, essa potrà anche aiutarli a non vivere il proprio handicap soltanto come un limite e a riconoscere il proprio differente e originale valore. Potrà così essere garantita, difesa e valorizzata la qualità possibile di ogni vita, individuale e familiare, con i suoi bisogni, con il suo diritto a pari dignità e opportunità, a servizi e cure, a compagnia e affettività, a spiritualità, bellezza e pienezza di senso, in ogni fase della vita, dal concepimento all’invecchiamento e alla fine naturale».

Lontani dunque i tempi della de-responsabilizzazione familiare per quanto riguarda la disabilità, con il totale affidamento agli istituti, ma presa in carico del disabile da parte della famiglia, sostenuta da provvedimenti che l’aiutino a gestire questa particolare condizione.

In questo senso la Sardegna ha fatto e fa scuola con la legge 162/98, diventata oramai una buona prassi, vista con ammirazione nel resto d’Italia.

In attesa dei decreti attuativi e che la Regione metta in campo gli interventi necessari, la legge approvata lo scorso 14 giugno è segno di speranza e anche di civiltà: in quella logica di tutela dei più deboli che la ricerca del bene comune e il magistero della Chiesa domandando a chi ha la responsabilità di amministrare la cosa pubblica.

È certo che le famiglie, assieme alle associazioni, vigileranno nei prossimi mesi sull’andamento dell’iter.

Roberto Comparetti

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