Un povero di nome Lazzaro stava alla sua porta XXVI Domenica del Tempo Ordinario (Anno C)
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù disse ai farisei: «C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe. Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”.
Ma Abramo rispose: “Figlio, ricordati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”.
E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”».
Commento a cura di Emanuele Mameli
Spensierati, sicuri e preoccupati di sé e del loro divertimento, insensibili e indifferenti davanti a poveri e oppressi, fautori e protagonisti delle ingiustizie. Così il profeta Amos dipinge i ricchi, i potenti, gli uomini ingiusti del suo tempo. Una descrizione che non è poi cambiata più di tanto nei nostri tempi.
Sulla stessa linea la parabola evangelica raccontata da Gesù che, nel Vangelo di Luca, ancora una volta, ci mette di fronte al pericolo della ricchezza.
Una parabola che ci parla dell’opposizione tra un ricco, senza nome, che si gode spensieratamente la vita tra lussi e banchetti, e un povero, Lazzaro, mendicante alla porta della casa del ricco.
Il ricco è ricco perché possiede e possiede per sé; possiede per godersi la vita: la sua libertà è ingabbiata nel suo egoismo, nel festeggiare ogni giorno, senza pensiero né per gli altri e nemmeno per il suo futuro. Non pensa che la festa un giorno, per tutti, finisce. Anche per lui. Il cuore di questo ricco è chiuso, privo di compassione. C’è lui e basta, basta a se stesso.
Lazzaro, Dio soccorre, è povero: attende aiuto così com‘è, coperto di piaghe che gli impediscono di potersi muovere, di poter lavorare e sostentarsi autonomamente. Dipende dagli altri. Attende che chi può tenda la sua mano.
La notazione dei cani che lambiscono le sue ferite rende chiara la solitudine, il rifiuto e l’emarginazione della sua condizione.
Sono sicuramente queste le piaghe e le ferite più dolorose: quelle causate dall’indifferenza altrui, dall’assenza di qualcuno che pur vedendoti non si ferma, non si fa prossimo.
Il momento della morte sancisce, davanti a Dio e per Dio, il capovolgimento della situazione: il ricco indifferente precipita nella rovina totale ed irreversibile, mentre Lazzaro è accanto ad Abramo.
«Figlio ricordati che hai ricevuto i tuoi beni durante la vita e Lazzaro i suoi mali»: Ricordati. «Hai vissuto nella spensieratezza e nella sicurezza di ciò che ti è stato donato senza aprire le mani alla condivisione, senza metterti in gioco per ristabilire la giustizia tra il tuo molto e il poco di Lazzaro. E chiudendo il tuo cuore al povero, posto accanto a te come segno e richiamo, hai chiuso il tuo cuore a Dio, per sempre».
Ciò che viene contestato al ricco non è la sua ricchezza materiale quanto la cupidigia, la spensieratezza e la chiusura del proprio cuore nel gestire e sperperare i beni materiali: si può avere poco e, nonostante questo, essere talmente attaccati a quel poco, da avere un cuore che è lontano da Dio.
E il rifiuto del povero non è altro che rifiuto di Dio, dei suoi richiami, della sua Parola, del suo intervento che salva e redime.
Anche per noi il rischio è quello di un cuore ricco solo di noi stessi, un cuore indurito, ostinato: un cuore che non accoglie i richiami che il Signore nei segni delle fragilità in noi e attorno a noi ci dona.
Un cuore, il nostro, abituato a vedere il povero – e quanti ne vediamo ogni giorno e sempre di più nei molteplici volti che assume la povertà oggigiorno – a tal punto da non riconoscere in lui il segno di Dio che ci spinge ad uscire dal nostro egoismo per condividere da veri fratelli.
Lazzaro che bussa alle nostre porte è segno del Signore che scuote la nostra spensieratezza e le nostre sicurezze.
Mettersi in cammino con Gesù vuol dire saper riconoscere la sua presenza in chi attorno a noi porta con sé i segni, la sofferenza, la povertà di Lazzaro.
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