Spopolamento: serve un’inversione di rotta Parla Giuseppe Puggioni già docente a Scienze Politiche, tra i primi a segnalare il problema
Il professor Giuseppe Puggioni, già docente a Scienze Politiche a Cagliari, si è occupato del problema dello spopolamento in Sardegna.
Nell’Isola continua la deriva verso lo spopolamento dei piccoli centri. Come contrastare questo fenomeno?
Vedo per esempio, che alcuni comuni stanno mettendo in vendita le case sfitte anche al prezzo simbolico di 1 euro, penso che questo possa essere un freno. C’è da dire che in Italia il fenomeno della scomparsa totale di un comune è molto diffuso, soprattutto nelle regioni appenniniche. C’è una redistribuzione della popolazione sul territorio, e una convergenza verso i grossi centri. Sono le zone interne quelle maggiormente colpite. Abbiamo ‘isolato’ alcuni servizi essenziali, e abbiamo notato che tutti quei comuni ne sono privi (sportello bancario, asilo, farmacia, ecc). Ma uno dei più grossi problemi è che non nasce più nessuno. La Sardegna ha il minor numero di nati per donna in età feconda. Questo è legato anche alla mancanza di strutture che possano agevolare la maternità.
Quali misure hanno fallito e quali invece ritiene efficaci?
Per esempio spostare i flussi migratori dalle coste alle zone interne può avere qualche effetto. Ma soprattutto la qualità della vita in queste zone, se fossero disponibili una serie di servizi, è migliore rispetto a quella di un centro urbano, in cui fanno le piste ciclabili in modo che uno si faccia l’aerosol con il tubo di scappamento delle auto. Sicuramente ha fallito l’aver puntato sull’industrializzazione come monocultura, mentre si sarebbe dovuto potenziare il turismo, i servizi e l’agroalimentare.
La disoccupazione influenza lo spopolamento?
Certo, anche se adesso c’è un fatto molto positivo: i giovani stanno ritornando all’agricoltura, e sono anche istruiti. Si vedano perciò quali siano i servizi essenziali, si diffonda il telelavoro, senza che ci sia più bisogno di muoversi. Esiste poi il problema delle comunicazioni: se per fare 30 chilometri impiego un’ora, è evidente che cerco di spostarmi. C’è un impoverimento di quelle che dovrebbero essere le future classi dirigenti. Emigrano i giovani, che hanno titoli di studio molto più elevati, favoriti in questo dall’Erasmus: vedono un mondo che gli da delle possibilità che qui non hanno, e tendenzialmente non rientrano. Dobbiamo provvedere a creare le condizioni affinché trovino lavoro qui. Anche perché è un’emigrazione fortemente selettiva, non tanto per l’età, ma per quanto attiene alla scolarità.
Il fatto che le persone si trasferiscano in aree con più servizi e infrastrutture cosa provoca?
Le congestiona. Cagliari è entrata in crisi, e quando è diventato diseconomico abitare qui, sono andati a Quartu. Se andiamo a vedere, nel corso del tempo, l’indice di concentrazione della popolazione sul territorio, è andato progressivamente crescendo. Quindi quando ho ricostruito la popolazione dal 1688 fino ad oggi, ho usato il metodo dei “confini costanti”, in modo che sia possibile fare un confronto. Per esempio, prendendo in considerazione la variazione della popolazione nel periodo 1951-2011, Abbasanta ha aumentato del 28% i suoi abitanti, Aglientu ha un negativo del 23%, mentre Armungia addirittura del 63%. Budoni è invece aumentato del 138%.
Marco Scano
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