Emiliano Deiana: «C’è un deficit di democrazia» Parla il presidente dell'Anci Sardegna. Penalizzati i centri meno popolati
«Le scelte fatte dal 2009 al 2014 sono state dannose per i comuni, specie per quelli più piccoli».
Non usa mezzi termini Emiliano Deiana, sindaco di Bortigiadas e presidente dell’Anci regionale, alla vigilia della nuova tornata elettorale amministrativa di questa domenica. «Non si tratta – aggiunge – di solitudine e abbandono da parte degli enti superiori ma della consapevolezza di dover rispondere ai bisogni della gente, senza però avere a disposizione risorse umane e finanziarie. Qui sta il vero problema».
Nella metà dei comuni si vota con una sola lista, mentre in cinque neppure si va alle urne. Un deficit di democrazia?
Mi pare del tutto evidente che ci sia un problema di democrazia, che già dal 2015 si è manifestato: da quell’anno in poi il fenomeno delle liste uniche è aumentato, segno di una crescente difficoltà ad organizzarsi per amministrare. C’è una situazione importante di restringimento della rappresentanza democratica con delle motivazioni ben precise. Il ruolo del sindaco e del Comune sono stati ridimensionati, con l’idea di accorpare più amministrazioni, verso una fusione delle funzioni all’interno dell’Unione dei Comuni. Questo è il primo aspetto.
Il secondo?
Dal 2009 fino al 2014 sono state tagliate risorse in maniera indiscriminata ai Comuni della Sardegna. Chi oggi amministra si trova in questa duplice difficoltà, riduzione dei poteri e mancanza di risorse, per cui i potenziali candidati hanno percepito che amministrare è molto più complicato di quanto sembri. Se poi a questo si aggiunge che fare il sindaco significa andare incontro a molti rischi, allora il risultato è che ci sono sempre meno persone disposte a prendere su di sé questo tipo di responsabilità.
C’è poi il problema degli attentati?
Non è l’unico. Dobbiamo avere a che fare con i rischi derivanti dalle normative sulla Protezione civile con conseguenze penali, come purtroppo è accaduto nel recente passato.
Quindi nessuno vuole più amministrare?
Diciamo che c’è la sensazione che non convenga come un tempo assumersi la responsabilità di guidare un’amministrazione locale. Chi si candida lo fa perché è cosciente del ruolo che è chiamato a ricoprire, non tanto per se stesso quanto per la comunità nella quale vive. Non che in passato sia stato semplice amministrare ma oggi è decisamente più complicato. Vorrei comunque lanciare un messaggio positivo: è difficile ma è necessario prendere coscienza che essere sindaco significa rivestire un ruolo di prossimità rispetto ai propri concittadini. Grazie alle amministrazioni comunali le idee diventano molto spesso progetti realizzati: c’è un’immediatezza tra idea e realizzazione che spesso manca agli Enti superiori, per i quali occorre molto più tempo nel dare corso a determinati progetti.
Per questo è necessario andare alle urne stando vicino agli amministratori?
Certo, anche se non si è d’accordo con i sindaci che, quanto occorre, vanno criticati. È necessario però che ci sia una propensione alla condivisione nelle nostre comunità. La figura del sindaco risulta essere quella che ha maggiore gradimento da parte dei cittadini, rispetto alle altre cariche pubbliche, proprio per essere il primo interlocutore delle persone.
Roberto Comparetti
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