Fine vita: occorre rivedere la legge approvata dal Senato Il passo verso l'eutanasia è dietro l'angolo
La legge su fine vita ha un elemento caratterizzante: l’autodeterminazione del paziente.
A confermalo è don Paolo Sanna, docente di bioetica alla Facoltà teologica, commenta il provvedimento approvato nei giorni scorsi in via definitiva. «Il provvedimento – dice – ha alla base l’autodeterminazione del paziente, un principio già presente, oltre che nella Costituzione, anche in altri documenti come il codice deontologico dei medici e del personale ospedaliero che si occupa dei malati, fino ad arrivare alla possibilità di rifiutare trattamenti, cure, comprese anche alimentazione e idratazione».
Tra le criticità ci sono i doveri del medico, che a questo punto quali saranno?
Rappresenta uno dei punti più critici della legge. Già il giorno dopo l’approvazione al Senato è stato fatto presente questo aspetto.
Come mai?
Perché per salvaguardare l’autodeterminazione del paziente forse si è ecceduto al punto che la determinazione del medico passa in secondo piano, e le cui decisioni rispondono a principi deontologici, oltre che dettati di legge. Tra questi principi, vecchi quanto il codice ipocratico, c’è anche quello di non collaborare mai a sopprimere una vita. In alcuni casi che potrebbero crearsi, il medico diventerebbe il mero esecutore della volontà di morire espressa dal paziente.
Il punto in questione è quindi la mancata presa in considerazione di una possibile obiezione di coscienza da parte del medico?
Certo, è un punto controverso della legge approvata e che fa discutere giustamente.
Due elementi come nutrizione e idratazione sono anch’essi controversi?
Anche la società scientifica su questo punto, ovvero sulla necessità di mantenere questi due elementi sempre attivi, è spaccata: nel senso che la Società Italiana di Nutrizione parenterale ed enterale ritiene che nutrizione e idratazione siano “atti medici” o “trattamenti medici” in senso proprio, e quindi possano essere rifiutati o sospesi. Per il magistero della Chiesa in casi particolari la nutrizione e l’idratazione cessano di essere obbligatori e possono o debbono essere sospese perché risultano atti medici sproporzionati e futili.
In questo caso si tratta di accanimento terapeutico.
Sicuramente. Se il paziente non fosse in grado di assimilare le sostanze somministrate o se le stesse modalità di somministrazione fossero causa di sofferenza sproporzionata per il paziente o implicassero una eccessiva gravosità per altri, tale situazione si configura come accanimento terapeutico. Dunque da rifiutarsi.
Così non si configura il rischio dell’eutanasia?
In realtà in nessuna parte del documento così come nella discussione non è mai apparso il termine. Una parte dei parlamentari ha voluto distinguere tra biotestamento e norme eutanasiche, ma già il giorno dopo l’approvazione alcune parti politiche dopo aver salutato con soddisfazione il passaggio della legge hanno anche preannunciato il successivo passo: diritti e libertà su questa materia “fino alla fine”. D’altronde testi di legge che potrebbero legalizzare l’eutanasia sono già stati predisposti e l’intento è quello di arrivare a un traguardo da tempo inseguito.
La Cei ha detto che la legge non va perché tutela i diritti del malato.
Il giudizio è proprio quello, perché le situazioni sono già critiche di per sé e con un testo del genere le cose sarebbero troppo facilmente risolte verso una tendenza alla soppressione e non alla cura della persona, che deve essere comunque perseguita attraverso la vicinanza di tutti medici e familiari.
Roberto Comparetti
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