Settimana sociale: un’occasione per ripartire insieme Il messaggio di monsignor Arrigo Miglio ai partecipanti
Benvenuti a tutti voi, partecipanti alla 48ma Settimana sociale dei cattolici italiani. Benvenuti e grazie per essere qui, grazie alla Conferenza episcopale italiana per aver scelto Cagliari come sede di questa Settimana sociale, la seconda che si svolge nella nostra isola nell’arco dei 110 anni di storia delle Settimane sociali italiane.
Esattamente 60 anni fa si teneva a Cagliari la 30ma Settimana sociale dedicata agli «Aspetti umani delle trasformazioni agrarie». Oggi il tema è più vasto, riguarda il grande ambito del lavoro e specialmente la cultura del lavoro, perché il Lavoro che vogliamo deve essere libero, creativo, partecipativo e solidale, come ci ricorda papa Francesco nella «Evangelii Gaudium» al numero 192. Per la Sardegna questa è occasione privilegiata per riprendere un discorso iniziato 60 anni fa, perché il lavoro agricolo rimane un tema cruciale e suona attuale quanto Pio XII esprimeva allora nel suo messaggio e veniva ribadito dal presidente di quella Settimana sociale, il cardinale Siri: «La classe rurale non può considerare se stessa od essere considerata come una categoria minore» e tra le conclusioni di allora vale la pena ricordare il richiamo «alla particolare importanza dell’istruzione professionale applicata all’agricoltura e alle industrie ad essa connesse; all’urgenza di notevoli ritocchi nell’ordinamento degli studi superiori particolarmente ai fini della specializzazione, della ricerca e della sperimentazione; alla necessità di riconoscere, valorizzare e tutelare il lavoro della donna, anche con misure di sicurezza sociale». La Conferenza episcopale regionale sarda, nel suo Messaggio per questa Settimana sociale, ha voluto in qualche modo riprendere il discorso avviato 60 anni fa sottolineando la necessità di dare «nuovo impulso a risorse come l’artigianato, l’agricoltura, il turismo, per contribuire a trovare nuove strade e proporre all’intera società italiana una direzione di marcia che porti a superare la crisi in cui essa versa da troppi anni». È un discorso che necessariamente si allarga e tiene conto delle trasformazioni vissute. Veniamo da oltre mezzo secolo di esperienze industriali in varie aree della Sardegna, da valutare con attento senso critico. Non possiamo non tenere conto delle ricadute negative per l’ambiente, anche se non è colpevole solo l’industria, di cui pure abbiamo bisogno, ma sempre per un lavoro degno. Il pensiero poi corre ai giovani, tenendo conto che abbiamo una dispersione scolastica tra le più alte in Italia, abbiamo il doppio di giovani «Neet» rispetto alla media europea e un tasso di disoccupazione giovanile assai più alto della media nazionale. In certe aree della Sardegna questo dura da oltre 20 anni, quindi una intera generazione di persone non ha mai avuto un vero lavoro. Abbiamo dato spazio a un lavoro creativo? Che dire poi del problema demografico, che vede lo spopolamento crescente delle zone interne, mentre continuiamo ad avere il tasso di natalità più basso del Paese. Come potremo avere un lavoro partecipativo? E, se vogliamo un lavoro solidale, non possiamo dimenticare i molti giovani nuovi immigrati, cogliendo le opportunità che non mancano, superando paure e luoghi comuni.
Ecco perciò il nostro grazie alla 48ma Settimana sociale di Cagliari, che accogliamo con tutto il calore dell’ospitalità sarda, grati per l’occasione davvero unica che ci viene offerta di ripartire insieme e far crescere un progetto che dia speranza, specialmente ai giovani.
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