Vita analogica e digitale vanno vissute in continuità Abitare i social network alla luce del Vangelo: una palestra per la comunicazione interpersonale
«Porte di verità e di fede; nuovi spazi di evangelizzazione» (Benedetto XVI, 2013).
«Luogo ricco di umanità, non una rete di fili ma di persone umane» a servizio di un’autentica «cultura dell’incontro» (Francesco, 2014).
Queste le parole dei due pontefici per la Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali in riferimento alle reti sociali. Difficile, partendo da questi presupposti, ignorare i temi legati alle tecnologie digitali e ai «social network» nell’esperienza delle comunità cristiane nascondendosi dietro un vago concetto di «virtuale».
I numeri parlano chiaro. Gli iscritti a Facebook in Italia, a fine 2016, sono circa 30 milioni, sul totale mondiale di 1,86 miliardi, e aumentano continuamente nelle fasce alte d’età, sfatando il pregiudizio che si tratti di «cose per ragazzini». Un fenomeno di questa portata non può essere considerato e analizzato alla stregua dei mezzi di comunicazione conosciuti fino all’avvento di Internet.
I social network sono ambienti dove lo spazio e il tempo si dilatano assumendo dimensioni diverse, ma non per questo venendo meno alle loro caratteristiche fisiche di luogo d’incontro.
Pur non negando gli evidenti aspetti problematici, che però sappiamo bene accompagnano ogni scoperta tecnologica nel campo della comunicazione, non ci si può concentrare esclusivamente su questi, negando le indubbie opportunità che si aprono su vari fronti, tanto più nei contesti educativi in seno alle comunità cristiane e, perché no, anche nel cammino spirituale personale.
Non sembri azzardata quest’ultima considerazione. Abitare i social network alla luce del Vangelo è una palestra per la comunicazione interpersonale, aiuta ad affinare la propria consapevolezza e mette in gioco il desiderio di autentica testimonianza cristiana.
Viviamo un’epoca nella quale i grandi argomenti di attualità che toccano in profondità la sensibilità umana vengono discussi quotidianamente anche sui social network. Il dibattito sul fine vita, la messa in discussione del concetto di famiglia, e ancor di più del matrimonio, sono argomenti caldi che rendono necessario abitare questi spazi all’insegna della testimonianza cristiana.
«Aprire le porte delle chiese significa anche aprirle nel mondo digitale», ribadisce papa Francesco, riprendendo un invito all’apertura che è ricorrente nel suo pontificato ed estendendolo all’ambiente digitale. L’invito è semplice e diretto: la vita analogica e quella digitale devono essere vissute in continuità, meritano la stessa attenzione, misericordia, benevolenza e testimonianza.
Alcune buone pratiche nell’abitare i social network sono ad esempio dosare bene i «mi piace», apprezzare le foto edificanti, condividere articoli positivi che contengono messaggi di speranza e non solo polemiche per esacerbare gli animi.
Verificare le fonti delle notizie che vengono proposte, creare occasioni d’incontro nella «vita offline», commentare offrendo un punto di vista utile alla discussione e coltivare sempre la propria autenticità, stando alla larga dalle false identità, sono accorgimenti che aiutano la crescita personale e quella della comunità di amici oltre che il miglioramento dell’intero ambiente.
Un’altra buona pratica potrebbe essere quella di aggiungere all’esame di coscienza di fine giornata un capitolo relativo a come si è vissuta la propria presenza sui social durante il giorno.
«Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri» (Gv 13,35) insegna il Vangelo. Chissà che non si possa essere riconosciuti anche per come si abitano i social network in modo fruttuoso.
Simone Bellisai
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