Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono tra loro XXIII Domenica del Tempo ordinario anno A
Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano.
In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo.
In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro».
Commento a cura di Christian M. Steiner
«Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro” (Mt 18,20). Il Vangelo secondo Matteo può realmente essere considerato il Vangelo del «Con-noi-Dio», stando alla traduzione letterale dal greco del nome con il quale Gesù viene annunciato a Giuseppe dall’Angelo. All’inizio del Vangelo troviamo infatti questo versetto: «Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio che sarà chiamato Emanuele, che significa Con-noi-Dio» (Mt 1, 23).
È Gesù stesso poi a concludere il Vangelo annunciando la realizzazione perenne e definitiva del suo nome di Emanuele: “Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”. (Mt 28, 20). Gesù, Dio con noi per eccellenza, è il tema che fa da cornice narrativa a tutto il Vangelo di Matteo. Una cornice che evidenzia come il Vangelo intenda chiarire e rivelare quanto e come Gesù è il «Con-noi-Dio».
La lunghissima genealogia degli antenati di Gesù, collocata in apertura del Vangelo, mette davanti agli occhi del lettore quanto Gesù sia radicato nella storia umana, quanto Dio sia veramente uomo con il nome di Gesù, perché concepito per opera dello Spirito Santo e non «per opera di Giuseppe».
Il finale del Vangelo, invece, fa capire come Dio resta uomo, per sempre e da risorto. E Matteo lo fa intendere chiaramente, con l’ultimo versetto del suo Vangelo come Dio è e resta uomo con il nome di Gesù risorto. Ed e a questo nome, anzi a questa condizione di Gesù che il Vangelo di questa domenica fa riferimento. Radunarsi nel nome di Gesù significa anzitutto aderire alla condizione attuale di Gesù, onnipresenza gloriosa di Dio e uomo nella sua persona. Non esiste quindi più un luogo o un tempo dove il Risorto non sia presente: egli è il «Vicino» per eccellenza, accanto a ogni persona, a ogni evento, a ogni popolo e a ogni storia.
Rifulge in questo brano la bellezza della Chiesa, di una Chiesa che, attuando proprio quanto il Risorto comanda ai suoi apostoli alla fine del vangelo di Matteo, «immerge le nazioni, ogni persona nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo» (Mt 28,19). Ogni cristiano, radunato nel mondo, è immerso nello stesso modello di vita, nello stesso amore, nella stessa sapienza del Padre, del Risorto e dello Spirito Santo: siamo dunque tutti chiamati a partecipare al modo con il quale Gesù risorto, qui ed ora, ama la mia persona, la mia famiglia, la mia città, il mio paese, il mio continente, così come la mia storia e la storia del cosmo e dell’umanità intera. È questa l’unità ecclesiale, fornita di uno splendore e di uno spessore davvero insuperabile.
La Chiesa è riempita dalla presenza del Risorto e il suo modo di operare, ogni giorno e in ogni tempo, plasma l’esistenza di tutti, e consente, attraverso Gesù Risorto e la Chiesa, di amare tutti e sempre.
Pertanto, quanto ricordiamo oggi nella liturgia, sul Padre «che ci ha donato il Salvatore e lo Spirito Santo», ci consente di essere attraversati da un sentimento di intensa luce e di beatitudine nella certezza che la condizione battesimale sia la via più intensa per godere di una vita «nove volte beata», come Gesù annuncia nel sermone della montagna.
© Copyright Il Portico