Lavoro: nonostante la crisi qualcosa, forse, si muove Dati non chiari sull'occupazione. La Regione avvia i tirocini
È difficile cercare di leggere i dati sul lavoro in Sardegna, specie quelli relativi alla disoccupazione. Se nelle scorse settimane l’Istat raccontava di una regione in profonda difficoltà sul fronte della ricerca del lavoro, quasi in antitesi, nei giorni scorsi, l’Inps presentava la Sardegna come la regione italiana con i migliori risultati in termini di assunzioni: un più 30 per cento nel primo quadrimestre del 2017.
Da qui la dichiarazione dell’assessora regionale del Lavoro, Virginia Mura che, nel presentare i dati Inps sull’occupazione, confermava la necessità di arrivare ad «armonizzare i dati raccontando con puntualità come stanno le cose».
Al di la delle necessarie messe a punto tra i diversi sistemi di rilevazione, con un Osservatorio regionale del mercato del lavoro che a detta dell’assessora necessita di una riorganizzazione, secondo i dati Inps cresce il numero delle assunzioni con contratti a termine, 29.876 unità, con un incremento pari al 35,6% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Così come anche i rapporti di lavoro a tempo indeterminato hanno registrato un più 6,7 per cento di attivazioni nel settore privato, passando da 8.442 a 9.010 nel primo quadrimestre del 2017. Cresce anche il numero degli stagionali, qui l’incremento è del 31,5 rispetto al dato rilevato nello stesso quadrimestre del 2016.
È calato anche il numero delle cessazioni dei contratti a tempo indeterminato (-1,6%), cifra che conferma un saldo positivo di oltre 2000 unità rispetto al 2016.
Fin qui numeri dell’Inps, secondo i quali c’è una Sardegna che tenta di uscire dalla crisi.
Sullo sfondo restano però altri numeri preoccupanti, come il 27 per cento dei giovani dai 18 al 29 anni che non studia né tanto meno lavora, i cosiddetti Neet.
Per loro, e anche per chi è disoccupato da più tempo, la Regione da lunedì 3 luglio aprirà i bandi per i tirocini formativi in azienda.
Si tratta di una piccola speranza per chi attende da troppo tempo di entrare nel mondo del lavoro e per chi vuole uscire dalla sua condizione di disoccupato cronico.
Diversi i progetti che nel corso degli anni sono stati messi in campo dalle giunte regionali.
Quella guidata da Ugo Cappellacci nel 2011 aveva spinto verso l’utilizzo dell’apprendistato, mettendo in bilancio circa 4,8 milioni di euro per offrire questa opportunità nei settori del commercio, dell’artigianato, dell’edilizia, dell’industria, del turismo e dei servizi. Un intervento che cercava, per quanto possibile, di cercare di recuperare una situazione difficile, generatasi già dal 2005, quando era stata spazzata via la formazione professionale, ridotta a minimi termini, specie dopo l’abolizione di fatto dell’obbligo formativo, che tanti enti avevano portato avanti. Sotto quella scure erano finite anche realtà da sempre impegnate nella formazione professionale come i salesiani e le Acli.
Il provvedimento messo ora in campo dalla Regione non sarà la panacea di tutti i mali ma rappresenta un piccolo passo, una tenue speranza per superare il difficile momento che tanti giovani stanno vivendo.
Lo scorso 10 giugno, nel corso della visita a Genova, Francesco aveva ribadito l’appello a generare e accompagnare processi capaci di dar luogo a nuove opportunità di lavoro dignitoso. «Il disagio giovanile – aveva sottolineato il Pontefice – le sacche di povertà, la difficoltà che i giovani incontrano nel formare una famiglia e nel mettere al mondo figli trovano un denominatore comune nell’insufficienza dell’offerta di lavoro, a volte talmente precario o poco retribuito da non consentire una seria progettualità».
Per creare nuove opportunità di lavoro dignitoso «serve − aveva detto ancora il Pontefice − un’alleanza di sinergie e iniziative. Le risorse finanziarie devono essere al servizio di questo obiettivo di grande valore sociale».
Qualcosa, forse, comincia a muoversi.
Roberto Comparetti
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