Osservate come crescono i gigli del campo VIII Domenica del tempo ordinario (anno a) - 26 febbraio 2017
Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: «Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza. Perciò io vi dico: non preoccupatevi per la vostra vita, di quello che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita non vale forse più del cibo e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non séminano e non mietono, né raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non valete forse più di loro? E chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la propria vita? E per il vestito, perché vi preoccupate? Osservate come crescono i gigli del campo: non faticano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Ora, se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani si getta nel forno, non farà molto di più per voi, gente di poca fede? Non preoccupatevi dunque dicendo: “Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo?”. Di tutte queste cose vanno in cerca i pagani. Il Padre vostro celeste, infatti, sa che ne avete bisogno.
Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta. Non preoccupatevi dunque del domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso. A ciascun giorno basta la sua pena».
(Lc 21, 5-19)
Commento a cura di Emanuele Mameli
«Non preoccupatevi! Dio si prende cura di voi». Francesco d’Assisi, madre Teresa di Calcutta, e con loro tantissimi altri cristiani della normalità, hanno preso alla lettera queste coinvolgenti e lapidarie parole di Gesù, dando così alla loro vita quel grembo fecondo di luminosità, di pace, di speranza, di amore per Dio e per tutto, capace di affascinare ancora oggi. Una vera e propria rivoluzione copernicana, perché noi ci preoccupiamo di vestito e di cibo, ci affanniamo per ciò che ci serve e per ciò di cui abbiamo bisogno anche per nostra semplice sopravvivenza. Ed è giusto sia così. Troppo spesso, lo riconosciamo con onestà, è un affanno oltremisura che mette a tacere la preoccupazione per quel tesoro che non si corrompe e che, nei cieli, si accompagna al nostro cuore. «Cercate anzitutto il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta». Ecco la preoccupazione che deve abitare prima di tutto e più di tutto il discepolo di Gesù: vivere ogni giorno sotto lo sguardo di Dio, come una lode a Dio, nella ricerca del filo d’oro della sua volontà che non permette che ci perdiamo o ci confondiamo. «Il Padre celeste sa che ne avete bisogno». È una sua preoccupazione e non mancherà di fare la sua parte.
Se veramente tutti ci preoccupassimo di cercare il Regno di Dio, di mettere in pratica il Vangelo, di vivere, traducendo in gesti, in relazioni nuove e in incontri di salvezza, la novità del Vangelo, allora non ci sarebbe più bisogno di preoccuparci d’altro perché verrebbe da sé, come dono, il prendersi cura gli uni degli altri, lasciando che Dio si prenda veramente cura di noi. L’uomo fa affidamento sulle ricchezze per la propria stabilità e molto spesso proprio la ricchezza è fonte di affanno e soprattutto generatrice di cupidigia ─ il desiderio di avere di più ─ e alla base delle ingiustizie tra gli uomini. Il discepolo è chiamato a fare la sua scelta per il Signore e per il Vangelo, a vivere nel «poco» la propria fedeltà a Dio, ad agire con accortezza, con attenzione, con risolutezza, per tutto ciò che riguarda il Regno di Dio, la vera ricchezza che gli appartiene. «Non potete servire Dio e la ricchezza!»
Tutta questa eccessiva preoccupazione per «la ricchezza», per le cose che passano, non fa altro che dare una direzione iniqua alla nostra vita, distogliendoci da ciò che è veramente importante e impedendoci di servire con mani libere e pure solo il Signore. Anche le ingiustizie sociali, quelle che contribuiamo anche a noi a creare, hanno come radice questo interesse esasperato per se stessi e il proprio vantaggio. È l’idea dello «sperperare» guardando solo il proprio tornaconto chiudendo il proprio cuore alla condivisione e alla fraternità. Dio che ama sempre, ama tutti, ama senza aspettarsi la ricompensa, ama senza fare preferenze, si rende concretamente Padre nel prendersi cura di noi, nell’aiutarci a comprendere ciò che è veramente essenziale, importante e ciò per cui preoccuparsi veramente. Certo, ciò non toglie che guardiamo con apprensione il presente e il futuro, alle tante difficoltà che incontriamo, alla responsabilità che i genitori hanno nei confronti dei figli e alla fatica che si respira nelle famiglie oppure il timore dei giovani per il futuro incerto. Certo ognuno di noi ha tanti motivi per chiedersi: ce la farò? Innumerevoli motivi e situazioni concrete che diventano fonte di preoccupazione e che tante volte tolgono sonno e serenità. Ma tutto questo peso non è nelle nostre sole mani: le nostre mani sono sorrette dalle mani di Dio e, lo sappiamo, Lui fa sempre la sua parte e farà molto di più di quanto possiamo anche solo immaginare.
© Copyright Il Portico